Il macronismo è morto

Secondo tracollo elettorale in pochi giorni per Emmanuel Macron. Avanza Bardella. E adesso il “cordone sanitario” contro Le Pen potrebbe crollare

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Emmanuel macron

Spiragli di speranza per la democrazia. Al primo turno delle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale francese l’affluenza è stata del 66%. Un numero record che infonde fiducia nella sopravvivenza del sistema democratico. Di questo dato il 34% dei consensi è andato al Rassemblement National del duo Le Pen-Bardella (con la possibilità di avere tra i 240 e i 270 deputati nella nuova assemblea legislativa), il 29% al Nouveau Front Populaire, la coalizione dei principali partiti della sinistra francese tra cui La France insoumise di Jean-Luc Mèlenchon, e il restante 22% al partito di Macron e alleati.

Il disastro, per l’attuale presidente, è assoluto. Una debacle completa, arrivare terzo era impensabile. I suoi stessi collaboratori ammettono di “non riconoscerlo più”. Dalle colonne del Figaro, Alexis Brèzet definisce queste elezioni una “tragedia francese”, illustrando come Macron abbia in effetti sbagliato completamente i calcoli, nell’erronea e forse arrogante convinzione che i francesi, alla fine, non avrebbero votato in massa per la destra. Così non è stato.

Probabilmente perché lo stesso Macron non ha visto, o non ha voluto vedere, il profondo cambiamento del Rassemblement National e della sua sociologia.

Se il macronismo aveva come obiettivo fondamentale il superamento della dicotomia destra/sinistra, il progredire dell’insicurezza sociale e dell’angoscia per il presente hanno portato lustro all’avversaria Le Pen, che ha abbandonato i toni estremisti e divisivi del passato, parlando un linguaggio rassicurante e rivolgendosi ad una pletora più ampia e “borghese” del suo elettorato consolidato.

Ma anche a sinistra, al partito dell’inquilino dell’Eliseo hanno preferito Mèlenchon e il suo ensemble di estrema sinistra in odore di antisemitismo.

Non è un caso che molti illustri personaggi francesi, ebrei, abbiano dichiarato di votare, magari al secondo turno e con la morte nel cuore, il partito della Le Pen, fondato da un uomo che aveva collaborato con i nazisti durante l’occupazione.

Serge Klarsfeld, noto “cacciatore di nazisti”, così come il filosofo Alain Finkielkraut, hanno espresso il loro appoggio al RN, ritenendolo preferibile all’estrema sinistra e al suo occhio inevitabilmente strizzato alle periferie dove il separatismo islamico e l’odio contro gli ebrei proliferano senza sosta. Mèlenchon nega, nega fermamente qualsiasi accusa di antisemitismo, ma il suo elettorato proviene in larga parte dal quel mondo e questo spaventa chi sente di vivere in un paese che diviene progressivamente ostile verso gli ebrei.

Ricordiamo che il partito di Mèlenchon non partecipò alla grande manifestazione contro l’antisemitismo indetta il 12 novembre scorso, poco tempo dopo il massacro del 7 ottobre.

A conferma di quanto il mondo giri al contrario, come qualcuno sostiene, vi è il fatto che gli ebrei francesi preferiscano votare l’estrema destra nazionalista che i partiti di sinistra radicale. Un cortocircuito che il voto appena conclusosi ha molto ben evidenziato.

Se queste elezioni segnano una volta di più la fine del macronismo, ora bisognerà fare i conti con i numeri, come sovente accade in democrazia.

I seggi dell’Assemblea Nazionale sono 577 e la maggioranza è fissata a 290. La cartina della Francia è quasi tutta tinta dei colori scelti per rappresentare il partito della Le Pen, tranne Parigi, come era prevedibile, e le regioni dei Paesi della Loira e della Bretagna. Un francese su tre ha votato per il Rassemblement National. Il secondo turno di voto sarà inevitabile. Bisognerà capire se il “grande fronte repubblicano” per arginare la destra auspicato da Macron vedrà la luce.

Più è cocente la sconfitta più difficilmente la si ammette. E più disperati saranno i tentativi di correre ai ripari.

Francesco Teodori, 1 luglio 2024

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