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Il manuale contro l’ego-logia verde

Nicola Porro, ne “La grande bugia verde” ha il merito di aver raccolto le opinioni di scienziati ed economisti per farci comprendere che il pericolo del cambiamento climatico è anche un nuovo controllo sociale

la grande bugia verde © siriwannapatphotos tramite Canva.com

Green claims”: così sono chiamate le bugie ecologiste che allarmano gli ambientalisti e diventano i loro manifesti. Sono fake news? No, in realtà: sono veri slogan pubblicitari politici perché i cittadini – quando comprendono che la terra non si può davvero cambiare – guardano il cielo, non sanno che fare perché siamo scemi – dei – e allora tutti in allarmismo climatico ed economico.

Nicola Porro, ne “La grande bugia verde” ha il merito di aver raccolto le opinioni di scienziati ed economisti per farci comprendere che il pericolo del cambiamento climatico è anche un nuovo controllo sociale. Non lo esplicita ma si comprende dagli esperti ma soprattutto da una bibliografia che invita a leggere i libri citati. E già questo è un merito. Si citi ad esempio pagina 164: «La paura è ciò che spinge la popolazione ad accettare decisioni politiche altrimenti impossibili da attuare, anche a costo di pesanti limitazioni della propria libertà» ( “National Geographic”, settembre 2013, “Time” giugno 2019).

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Questo allarmismo climatico, per Porro, diventa una “nouvelle vague” ecologista, ha uno scopo che non è difficile comprendere: la finalità della ideologia climatica non è il benessere del pianeta e dei suoi abitanti ma anche quello della grande finanza. E Porro, qui sta il merito, non ha paura di coniugare alto e basso e per confermare la tesi degli interessi finanziari “egologici” (scusate il mio neologismo) cita il film “Una poltrona perdue”, dato ogni Natale, e che dietro la commedia mostra il mercato globale delle arance.

In sintesi: «L’uomo contemporaneo è incerto su tutto ma ha convinzioni granitiche sul clima. Veste, mangia e consuma in modo globalizzato ma. riduce le sue previsioni al proprio cortile. In sintesi siamo talmente presi dal particolare dal non vedere l’universale».

Viviamo nelle contraddizioni di una “egologia”: vegani, vegetariani, animalisti che lottano contro l’inquinamento ma non esitano a usare i social network o gli smartphone: un utente ogni giorno produce un totale di 165,5 grammi di Co2, lo stesso che produce un’auto che percorre 1,4 chilometri. Il totale all’anno arriva a 60 chilogrammi di anidride carbonica equivalente, lo stesso prodotto da un’auto che percorre 535 chilometri. E questo è solo un esempio, che cito perché qussto libro ci fa pensare, pone delle domande. E crea un paradosso – come quello delle librerie che lo espongono come un pericoloso libello di destra: invita a farsi delle domande.

Il nostro mondo è quello che Henry Miller, negli anni ‘60, definiva “un incubo ad aria condizionata”.

Senza andare fuori tema, essendo americanista, vi consiglio di vedere uno spot del 1971 con un nativo americano nella sua canoa in un fiume pieno di rifiuti e circondato dallo smog. Arrivato a riva, piomba sui piedi un sacco di spazzatura lanciato da una macchina: a quel punto, una lacrima gli riga il viso. E una voce fuori campo: «Le persone inquinano, le persone possono fermare l’inquinamento». Lo spot era finanziato da alcune tra le principali multinazionali americane: si cercava di spostare l’attenzione sugli individui che consumano, invece che sulle aziende produttrici. La soluzione della crisi climatica è in mano alle grandi corporation del mondo, non solo alla popolazione umana che lo abita: il messaggio dello spot era falso. Come il suo protagonista: che non era un nativo americano discendente dei Sioux, ma un attore figlio di immigrati di origini italiane. Da una parte le industrie che possono anche inquinare ma solo grazie a noi consumatori; dall’altra noi consumatori – smesse le ideologie gli eskimi o le katane – ci sentiamo in pace con noi stessi perché essere “egologista” non è solo “bio “ ma è la vita che possiamo mostrare, bravi buoni belli con facce da tofu e pronti a firmare ogni petizione per il clima.

Poi non importa se non partecipiamo alla politica sociale ad esempio anche – come scriveva negli anni ‘70 Giancarlo Vigorelli – per lottare contro «una Europa fondata solo sul carbone e sul cemento».

Per i soliti che leggono tutto sotto la lente deformata della politica – oltre ad invi- tarli a leggere i saggi di Marx e Lenin sull’ecologia – un altro consiglio: “L’imbroglio ecologico. L’ideologia della natura”, scritto da Dario Paccino già nel 1972 per Einaudi. Paccino, partigiano nella Resistenza, giornalista e saggista, evidenzia che «l’ecologia pensata e tradotta politicamente senza aver presenti i rapporti di produzione e di forza sociali, rappresenta un imbroglio. È quest’uso ideologico e mistificato della natura che fa nascere i rapporti di potere ed i meccanismi socio-economici che determinano lo squilibrio, con l’obiettivo di dare vita a una ecologia conflittuale (…) finalizzata al guadagno».

Solo due esempi perché le verità e le bugie climatiche e ambientali possono e sono strumentalizzate. Da una parte e dall’altra. E rendersene conto è il primo passo per farsi delle domande. E magari chiedersi quanto costa una pala eolica. Porro lo fa con la consueta schiettezza e capacità divulgatoria ma fondata dagli esperti che lo affiancano nel libro. Bisognerebbe essere green ma “cum grano Salis”(con un granello di intelligenza, dal latino) ma la nostra rivolta finisce eleggendo la Salis.

Gian Paolo Serino, 24 giugno 2024

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