Viviamo ormai in un revival assurdo e artificioso di antifascismo, con un Quirinale che non rinuncia a gettare benzina sul fuoco. “Non abbassare mai la guardia – così Sergio Matterella si è rivolto alle Forze Armate – e non sottovalutare tentativi che negano o vogliono riscrivere la storia contro l’evidenza, allo scopo di alimentare egoismi, interessi personali, discriminazioni e odio”. Ma a chi si riferisce il Presidente? Non certo agli esaltati (beneficati da Franco Basaglia) che inviano alla Segre deliranti minacce e insulti. E allora a chi? Alla storiografia revisionista? E a che titolo? Dispiace doverlo dire ma quanti dicono che in giro c’è un odio eccessivo, intollerabile, mai visto prima, contribuiscono a trasformare in un fiume i rivoli neri che affiorano qua e là nella penisola. È in questo clima esasperato – mi si perdoni il rilievo cattivista – che si giustifica la nomina di senatrice a vita di una gentile Signora non per quello che ha fatto o scritto ma per quello che ha subito (solo in Italia poteva accadere…) e che l’ha resa un simbolo rispettabile per tutti gli Italiani.
Ci si chiede, però, se non sarebbe bastato conferirle la più alta onorificenza della Repubblica o la direzione di un Museo dell’Olocausto. Forse occorre rivedere i poteri concessi al presidente di nominare senatori a vita (Giorgio Napolitano, il cui senso dello Stato non era quello dei piemontesi Einaudi e Saragat, ne nominò quattro tutti di sinistra, per rafforzare il traballante Governo Prodi). Nessuno di loro ha fatto buona prova, nessuno, quando si è impicciato di politica, lo ha fatto in maniera misurata e super partes. A cominciare dalla Segre le cui esternazioni sulla crisi della democrazia e l’avanzata dei populismi non si distinguono dagli allarmi lanciati dalla comunista Laura Boldrini.
Dino Cofrancesco, 11 novembre 2019