Il mistero del jet privato: l’incontro segreto nell’hangar per trattare con l’Iran

Giovedì scorso un aereo avrebbe fatto scalo a Payam dove atterrano solo cargo. L’incontro tra emissari Usa e iraniani?

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Una notizia che sembra uscita da un romanzo di spionaggio ambientato ai tempi della Guerra Fredda è stata divulgata dalla stampa kuwaitiana e ripresa, fra gli altri, anche da alcune testate importanti come, in Italia, dal Corriere Della Sera.
Considerando che le fonti, kuwaitiane e riservate, non sono verificabili, quello che potrebbe essere successo giovedì scorso all’aeroporto di Payam, 30 km a nord di Teheran, è da prendere con il beneficio d’inventario.

Ma andiamo con ordine: giovedì 1 agosto, poche ore dopo l’uccisione di Ismāʿīl Haniyeh, un aereo privato è atterrato a Payam, scalo a pochi chilometri da Teheran adibito al solo traffico merci. A Payam ci atterrano solo i cargo. Questo aereo aveva a bordo alcuni funzionari americani e dell’Oman che si sarebbero trattenuti a terra per circa due ore e avrebbero incontrato, all’interno di un hangar, una delegazione iraniana.

Stando a ciò che è stato rivelato, l’incontro segreto è servito per far arrivare all’Iran un messaggio del consigliere per la sicurezza della Casa Bianca, Jake Sullivan. Per prima cosa l’amministrazione americana avrebbe fatto presente che la Casa Bianca non era stata informata dell’intenzione di eliminare il leader di Hamas e che il presidente Joe Biden è furioso. I funzionari Usa avrebbero anche consigliato agli Ayatollah di non cadere nella trappola di un attacco di larghe proporzioni perché una mossa del genere rafforzerebbe la posizione del premier israeliano Benjamin Netanyahu. Ma non è tutto: gli agenti Usa avrebbero anche fatto vedere sia la carota, sia il bastone.

Iniziamo con la carota.

Nel caso in cui la reazione iraniana fosse limitata sul modello dell’attacco del sabato 13 aprile 2024, Washington potrebbe togliere alcune sanzioni e tornare a un accordo sul nucleare, peraltro stracciato ai tempi di Trump. Ma non è tutto perché l’altra parte della carota sarebbe formata dall’elenco dei dieci agenti del Mossad che, aiutati da un gruppo di fuorusciti afghani, avrebbero eliminato Ismāʿīl Haniyeh. Se tutto questo risultasse vero, probabilmente lo è o comunque è verosimile, la mano di Barak Obama, considerando che durante i suoi due mandati di informazioni riservate e nominativi lasciati allo scoperto ce ne sono stati, si sarebbe spostata dal dietro le quinte e piazzata direttamente nella sala regia.

Passiamo al bastone.

Gli Usa, sempre legati ai propri interessi, farebbero a meno di una guerra con l’Iran ma nell’attuale scenario non possono non difendere Israele. Insomma, lo Stato Ebraico non è l’Afghanistan e, almeno per il momento, non lo si può lasciare al suo destino. I danni che riuscirebbe a fare in Medioriente prima della sua distruzione sono talmente tanti che non vale la pena di rischiare. Rimane che Israele non ha ammesso sue responsabilità nell’operazione che ha portato all’uccisione di Ismāʿīl Haniyeh che, fatta eccezione per Yahya Sinwar, era probabilmente il più influente capo dell’organizzazione terroristica Hamas. E vale anche la pena ricordare che lo stesso è stato uno dei pianificatori della strage del 7 ottobre 2023 in Israele.

Indimenticabile la sua preghiera di ringraziamento ad Allah sul tappetino dell’hotel a sette stelle di Doha mentre su un televisore giravano le immagini in diretta di Al Jazeera che riprendevano la strage del festival NOVA. In ogni caso Biden sarebbe furioso, non bisognerebbe rafforzare la posizione del premier israeliano Netanyahu e Israele, almeno per il momento, non deve essere toccata, o almeno toccata in maniere lieve da non creare il Casus Belli senza via di ritorno.
Questo perché, almeno per il momento, è un alleato importante e al tempo stesso impossibile da gestire, maledetto Netanyahu, anche per i potenti USA.

Sempre per dovere di cronaca è necessario riportare che una mezza conferma alle fonti kuwaitiane è arrivata direttamente dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden che ha twittato sul suo account X (ex Twitter) che lui e la sua vice Kamala Harris, la PresidentA in pectore, sono stati informati dal loro team di sicurezza nazionale sugli sviluppi in Medio Oriente.
Il team è quello che è stato in Iran? Non è dato sapere. “Abbiamo ricevuto aggiornamenti sulle minacce dall’Iran e dai suoi delegati, e abbiamo discusso di questioni diplomatiche, degli sforzi per calmare le tensioni regionali e dei preparativi per sostenere Israele se verrà attaccato di nuovo”, ha twittato Biden.

Intanto il New York Times ha saputo da due funzionari iraniani, uno dei quali membro delle Guardie della Rivoluzione, che Teheran ha chiesto alla Russia sistemi di difesa aerea in preparazione ad una possibile guerra che potrebbe scoppiare con Israele. I due funzionari, che hanno parlato a condizione di anonimato, hanno affermato che Mosca ha iniziato a fornire all’Iran radar avanzati e attrezzature per la difesa aerea.

Ma non solo, perché è certo che almeno due, ma potrebbero essere di più, Ilyushin da trasporto, hanno scaricato diverse batterie di 9K720 Iskander.

Questa notizia è confermata e considerando che non c’è stato il tempo necessario per addestrare personale iraniano alla gestione di tali sistemi, se gli Iskander dovessero essere usati contro Israele durante la prossima crisi ci sarebbe la certezza del diretto intervento russo.

Situazione che renderebbe lo scenario ancora più pericoloso.

Altre voci, questa volta da parte di funzionari americani, che sono arrivate al Wall Street Journal, confermano che dallo scorso fine settimana in Iran c’è stato un notevole traffico di automezzi lanciamissili, mosse che segnalano la preparazione di un attacco nei prossimi giorni.

Secondo uno dei tanti rapporti di intelligence che girano in queste ore, la risposta all’assassinio del leader di Hamas Ismāʿīl Haniyeh e del leader di Hezbollah Fuad Shukr è ancora un’opera in corso e che Teheran, Hetzbollah e Hamas stanno discutendo su cosa esattamente vogliono fare.

Se tutto fosse vero c’è da credere che stiano studiando i piani d’attacco soft creati per loro dal Pentagono. Per finire, come se non ce ne fosse già abbastanza, il giornalista Barak Ravid che lavora per la Cnn per cui vicino agli ambienti dell’amministrazione Biden, ha riferito sul sito Axios che il presidente degli Stati Uniti e il suo vice Kamala Harris sono stati informati dal team di sicurezza nazionale che l’intelligence americana si aspetta uno scenario che include due ondate di attacchi. Uno da Hezbollah e uno dall’Iran, ma non è ancora chiaro chi agirà per primo e come si presenterà l’attacco. Barak Ravid non lo sa, ma il segretario alla difesa USA è probabilmente ben informato.

La vera cartina tornasole in questa situazione che definire ingarbugliata è poco, è data dal Bundesnachrichtendienst o BND, il servizio segreto tedesco. Quello che lavora in silenzio e fa le cose per bene. Sicuramente dietro la decisione di far intervenire la Luftwaffe, l’Aeronautica militare tedesca, per evacuare i propri cittadini dal Libano, oltre 2.000 persone, c’è lo zampino delle spie tedesche di stanza in Libano. E se Berlino ha deciso di usare i militari per proteggere i propri cittadini significa che i tempi per l’attacco dell’Iran e di tutti i suoi proxi sono maturi. Significa anche che a prescindere da ciò che vuole Biden, scusate Kamala, ma che dico Obama, Israele questa volta non potrà non rispondere in maniera adeguata. Le poche dichiarazioni ufficiali dello Stato Maggiore dell’IDF che sono state pubblicate nelle ultime ore vanno tutte in questo senso.

Michael Sfaradi, 6 agosto 2024

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