Conte vive in un mondo parallelo, l’ombelico del quale è Giuseppe Conte medesimo, quello che senza un minimo di rossore, a proposito di Coronavirus, ha parlato in Tv di modello – italiano quale modello da seguire. Ma ogni muscolo del suo volto parlava di modello – Conte. Vediamolo ‘sto modello italiano, pardon, modello Conte.
Al momento in cui scrivo (9 del mattino di martedì 17 marzo) nel mondo vi sono 182 mila infetti, di cui 82 mila in Cina. Gli altri 100 mila sono nel resto del pianeta, ben 28 mila dei quali solo in Italia. Come modello, cominciamo bene. Passiamo ai morti. Nel mondo sono 7200, di cui 3200 in Cina. Facendo le proporzioni, sia col mondo sia con la Cina, ce ne attenderemmo 1100 in Italia. Ne abbiamo pianti esattamente il doppio: 2200. Grazie, Conte: spiegaci di cosa ti pavoneggi. Di cosa, esattamente, a parte la pazienza di noi italiani, che non è merito tuo.
Dai numeri, sia cinesi che mondiali, il tasso di mortalità sembrerebbe del 3.9% (rammento che tale tasso, calcolato allo stesso modo, fu del 10% per la Sars del 2002 e di oltre il 30% per la Mers del 2012). Non so quanto siano attendibili i numeri per Sars e Mers, ma il 3.9% per il Coronavirus non lo è, per la semplice ragione che – questo lo sappiamo per certo – v’è un gran numero d’infettati che sono o asintomatici o con sintomi sufficientemente lievi da non aver indotto l’esecuzione del test. Per farla breve, gli infettati sono molti di più.
In teoria non sapremmo quanti, se non fosse che la Corea del Sud ha scelto di eseguire il test sulla propria popolazione in modo capillare. Il caso della S. Corea è particolarmente interessante per l’Italia, visto che la popolazione delle due nazioni è comparabile (50 milioni una, 60 milioni l’altra) e nelle due nazioni il primo caso è stato diagnosticato quasi lo stesso giorno (in Cina un mese prima).
La S. Corea sin da subito ha predisposto test capillari: 10 mila al giorno i primi giorni e ora 15.000/20.000 al giorno. Hanno testato finora 250 mila persone, ne hanno trovato 8300 positive e, a questo momento, piangono 80 morti. La mortalità appare così essere inferiore all’1%. I Sudcoreani hanno eseguito il tampone a chiunque fosse stato in contatto con diagnosticati infetti e lo ha isolato. Noi abbiamo avuto, in nome di un antirazzismo velleitario, sindaci Grillini che hanno lasciato opzionale a studenti di rientro dalla Cina se andare a scuola o no, sindaci Pidioti che hanno abbracciato cinesi di rientro dalla Cina, e ministri di Conte che hanno dato dello sciacallo razzista a Salvini che, correttamente, esortava di chiudere-chiudere-chiudere.
Cosa ti fa il genio di Conte e il suo governo? È stato capace di eseguire appena 60 mila test e, al massimo dell’insipienza, il 26 febbraio decideva improvvidamente di interromperli ed eseguirli solo sui sintomatici gravi. La scelta non meraviglia, visto che il Ministro alla Salute del governo si distingue da quello agli Affari Esteri solo perché il primo s’è laureato in scienze politiche e il secondo non ce l’ha fatta. Un desaparecido il ministro alla Salute del governo Conte: neanche il Comandante Schettino seppe fare tanto. Voglio di nuovo il Ministro Giulia Grillo, che almeno aveva consapevolezza delle proprie scelte.
L’Italia, dunque, rispetto alla S. Corea, ha avuto il triplo d’infetti ma 27 volte più decessi. Abbiamo doppiato anche l’Iran, ove gl’infetti sono stati la metà che da noi, ma i morti sono stati, in Iran, un terzo che da noi. Il modello-Conte ha infettato l’Italia e ha ucciso i malati. Come mai? Ubbidendo a Bruxelles, aveva tagliato 25 miliardi alla sanità (ora ce li sta rimettendo, ma troppo tardi), e non ha predisposto nulla per le emergenze (a parte quella, inventata, climatica). In S. Corea hanno 12 posti – letto ogni 1000 abitanti, noi ne abbiamo 3.
Ecco perché è necessario che si stia tutti a casa: se ci ammaliamo potremmo morire, e non di virus, ma per mancanza di cure tempestive, essendo il governo tutto impegnato coi barconi di migranti, col reddito di cittadinanza e con le paturnie e i diktat famelici della Ue. Che prima crolla, meglio è. Per tutti.
Franco Battaglia, 18 marzo 2020