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Il Mussolini di Scurati spezza le reni al Premio Strega

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Benito Mussolini ha spezzato le reni al Premio Strega. Giovedì notte l’edizione 2019 è stata vinta da M. Il figlio del secolo (Bompiani) di Antonio Scurati, una biografia romanzata di Mussolini, al netto delle possibili critiche (e ce ne sono state di feroci) l’unico libro interessante in cinquina.

Verdetto dunque giusto. Verdetto strano. Allargando lo sguardo sui convenuti alla serata di gala, è subito evidente che qui sono tutti democratici, buoni e simpatici, eppure lo Strega a Mussolini suona come l’ammissione di una sudditanza psicologica: gira e rigira si torna lì, al Duce, al fascismo e all’antifascismo. Il fascino (anche maligno) del Mascelluto resta considerevole e superiore a quello di politici di altre epoche. Leggereste la biografia romanzata in 824 pagine, tante ne ha scritte Scurati, di Rumor, Natta, Conte, Di Maio e Salvini?

Scurati dedica la vittoria «a chi ha combattuto il fascismo con le armi» e alla figlia Lucia «con l’auspicio che non debba tornare a vivere quello che gli italiani hanno vissuto cent’anni fa». Il romanzo, primo di una trilogia, vuole farci vedere come Mussolini e il fascismo ci abbiano resi quello che siamo. Il fascismo ha prima «sedotto» e poi «oppresso» i nostri nonni e i nostri padri. Non ci sono però tirate ideologiche in M. Il figlio del secolo. La tragedia nasce dai fatti raccontati in modo asciutto. Scurati annuncia che è già in lavorazione una serie tv, «una produzione di livello internazionale». Nessuno vuole mettere in dubbio che Scurati sia un antifascista, «precondizione dell’essere democratico» (una mezza verità: per essere democratici bisogna anche essere anticomunisti).

Ma è noto come vanno le cose: un’icona è un’icona, buona o cattiva che sia. La fiction rende tutto affascinante, anche il male. Giro l’osservazione a Scurati stesso che mi incenerisce con i suoi occhi azzurri: «Questa è una domanda che può fare solo chi non ha letto il libro». E se ne va scocciato. Io però il libro l’ho letto, altrimenti non gli avrei fatto la domanda.

Comunque la vittoria di Scurati, oltre che meritata, è netta. Il libro ha ottenuto 288 voti. Dietro il Duce si piazzano Benedetta Cibrario con Il rumore del mondo (127 voti), Marco Missiroli con Fedeltà (91 voti), Claudia Durastanti con La straniera (63 voti) e Nadia Terranova con Addio fantasmi (47 voti). Molti in platea notano una stranezza. Il gruppo Mondadori avrebbe avuto, come sempre, i voti per vincere, ma si è presentato in ordine più che sparso. La Cibrario per Mondadori, Missiroli per Einaudi ramo torinese, Terranova per Einaudi ramo capitolino. Ma questo era l’anno di Scurati, dopo due sofferti secondi posti. Il suo romanzo era il più venduto della cinquina, qualcuno dice settantamila copie (tantissime), che ora cresceranno come effetto della vittoria.

Un grande principio è: «Conoscere per deliberare». In effetti al premio Strega si delibera in base alle conoscenze, amici e amici degli amici. Inutile ricordare che Einaudi (Luigi, non la casa editrice che qui vince spesso) intendeva tutt’altra cosa. Le trattative per convincere i 400 giurati a votare il proprio candidato sono all’incirca come quelle del Csm emerse dalle conversazioni intercettate del giudice Palamara. Telefonate, consigli, insistenza, stalkeraggio. Vale tutto. Quando qualcosa va storto e c’è un vincitore a sorpresa, volano gli stracci: in passato è successo proprio a Scurati, battuto da Tiziano Scarpa, con coda di polemiche pittoresche su chi fosse più servo del potere tra i due.

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