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Il nuovo piano della sinistra: sorvegliare e punire

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Tra le tante cose che son state dette sul ddl Zan ce n’è una che è rimasta taciuta o in ombra. Questa: il disegno di legge è uno dei molteplici casi in cui si manifesta la volontà politica e ideologica di governare la società italiana attraverso il diritto penale totale. Una volta era soprattutto la destra a immaginare di contrastare i reati con l’inasprimento delle pene; ora, invece, questa illusione pan-penalista è passata nelle mani della sinistra che la coniuga, in maniera maldestra e pericolosa, con i diritti civili. Il risultato è una mostruosa mentalità pseudo-giuridica che da un lato trasforma le opinioni e i costumi in reati e dall’altro lato danneggia le stesse vite civili delle persone che intende tutelare. Perché accade? Perché la cultura politica della sinistra tende per sua tradizione a trasformare la propria morale in Stato etico.

Dalle opinioni ai reati

La conseguenza è che lo Stato, nella forma giuridica della legge, va al di là del consentito e sfocia in altre sfere della vita – la vita biologica, la vita sessuale, la vita affettiva, la vita morale – che non possono essere né pensate né governate con il diritto penale e tutto ciò che richiedono è la vita libera delle persone che è sanzionabile solo se è violenta. Il ddl Zan sovrappone opinioni e reati, fede e atti e così il legislatore mostra di non aver ben chiaro a mente cosa sia il pluralismo etico, delle idee e delle scelte proprio quando dichiara, in modo sgrammaticato con una sorta di anti-lingua, che vorrebbe tutelare le molteplici espressioni delle vite.

Un ddl scritto con i piedi

Il caso dell’articolo 4 è esemplare: “Ai fini delle presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Dalla lettura di questo articolo di legge – che prenderebbe 2 al compito di italiano – si capisce che il pluralismo è legittimo se incontra i gusti del legislatore e del giudice altrimenti idee, costumi, giudizi, concetti in dissenso con il conformismo del momento o con la morale governativa sono passibili di essere sorvegliati e puniti, per dirlo con la formula di Foucault. La cosa – diciamo la verità – non stupisce più di tanto perché l’ideale della vita civile della sinistra italiana oggi s’incarna alla perfezione nella sorveglianza e punizione. Un filo rosso unisce le idee della sinistra in tema di giustizia, politica e società: provateli a unire e il risultato che avrete sarà sempre il medesimo: il vittimismo che invoca giustizia con l’uso totale del diritto penale ossia trasformando lo stesso sistema giudiziario in giustizialismo. Questa cultura giustizialista ha inevitabilmente condotto lo stesso sistema giudiziario alla bancarotta.

La linea che divide la follia dalla ragione

La legge sull’omofobia – della quale qui si è preso in esame, per carità di patria, un solo articolo – confonde legge e morale, opinione e crimine, pane, amore e fantasia perché di suo ha le idee confuse un po’ su tutto ma soprattutto le ha confuse al massimo grado sul ruolo dello Stato che come al solito non è la soluzione di un bel nulla ma sempre il problema da cui bisogna guardarsi. L’attenzione del dibattito parlamentare deve essere doppia quando il tema è così intimo e vitale perché la linea di confine che demarca ciò che è ragionevole da ciò che è folle è sottilissima e il più delle volte, come nel caso del ddl Zan, si fa passare per ragionevole ciò che è folle.

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