Esteri

Guerra e informazione

Il Nyt si scusa e ammette: sull’ospedale di Gaza ci siamo fidati di Hamas

Clamorosa ammissione del quotidiano Usa. Ma ormai il danno è fatto

Hamas ospedale Gaza Israele le scuse del Nyt

Meglio tardi che mai. Sono passati sei giorni ma alla fine anche il New York Times capitola: deve scusarsi con i lettori per essersi “basato troppo” sulle informazioni fornite da Hamas sulla strage dell’ospedale di Gaza. “L’autorevole giornale“, come viene normalmente descritto in Italia mostrando un certo provincialismo, ha dovuto fare retromarcia di fronte alle evidenze: le prove emerse sul campo, le indagini di numerosi giornali e l’incapacità di Gaza di portare elementi a sostegno della propria tesi rendono sempre più credibile che la colpa del massacro sia di un missile palestinese caduto per errore sulla Striscia. Altro che “Israeli Strike Kills Hundreds in Hospital“, come titolato a nove colonne dal Nyt a pochi minuti dall’esplosione.

La strage dell’ospedale di Gaza

Per capire la Caporetto dell’informazione mondiale bisogna però fare un passo indietro. Sono le 19 circa di martedì 17 ottobre quando l’ospedale al-Ahli di Gaza City viene colpito da un ordigno. Pochi minuti dopo, il ministero della sanità della Striscia, controllato da Hamas, cioè dagli stessi che pochi giorni prima avevano massacrato civili inermi, accusa Israele di aver attaccato con un aereo da combattimento il nosocomio provocando centinaia di vittime. Prove? Nessuna, almeno in quel momento. Eppure le grandi testate giornalistiche del pianeta, capeggiate dal New York Times e dalla Reuters, rilanciano la versione di Hamas senza indagare (e senza lasciare il beneficio del dubbio).

https://twitter.com/yoavgo/status/1714629509096366360

Le breaking news

Sia chiaro: è ovvio che siti online aggiornati in tempo reale debbano dare conto di quanto denunciato anche dalle autorità palestinesi. Ma una cosa è riferire ai lettori di aver appreso la notizia, di essere in procinto di verificarla o di ricevere nuove informazioni. Un’altra è sparare il titolone in home page, accusando nei fatti Tel Aviv e rivelando quel celato sentimento anti-israeliano che serpeggia a grappoli nelle redazioni. Infatti, non solo il Nyt si è ben guardato dal comunicare nei titoli che la notizia era “in aggiornamento” o da controllare, ma si è pure preso la briga di inviare una notifica a tutti gli iscritti per metterli a conoscenza della breaking news sull'”attacco israeliano su un ospedale”. Un titolo inequivocabile, senza dubbi di sorta. Ma che poi si è rivelato farlocco.

https://twitter.com/andreavhowe/status/1714659507996094596

Il quotidiano americano non è stato l’unico, ovviamente. In Italia i grandi giornali sono caduti nello stesso trappolone. Abbiamo già citato la Reuters. E la Bbc è forse riuscita a fare addirittura di meglio. Per dire: poco dopo l’esplosione all’ospedale, su Twitter il network britannico ha lanciato l’ultima ora sull’Israeli strike su Gaza senza precisazione alcuna se non che le fonti erano “palestinian officials“. Poche ore dopo, invece, per riferire al mondo la versione israeliana ha ritenuto necessario aggiungere di “non essere in grado di verificare” le parole del portavoce dell’Idf. Cioè: le affermazioni dei terroristi di Hamas vengono copia-incollate senza disclaimer, mentre quelle dell’esercito di un Paese democratico necessitano di verifica? Fa un po’ strano, no?

Per carità: poco dopo la smentita israeliana sul bombardamento dell’ospedale anche i media si sono adeguati in tempo reale modificando i titoli con un certo imbarazzo. Ma ormai il danno era fatto. Nei Paesi arabi la voce della responsabilità israeliana è esplosa in tutta la sua potenza, provocando proteste e rischiando di trascinare nel conflitto mezzo mondo arabo. Turchia, Egitto, Giordania, Iran: hanno tutti decretato tre giorni di lutto nazionale per celebrare una “strage israeliana” che, con ogni probabilità, israeliana non era.

Le ricostruzioni delle intelligence

A confermarlo non ci sono solo le parole della Casa Bianca, secondo cui le intelligence del Pentagono supportano le ricostruzioni israeliane. Lo stesso affermano anche gli 007 francesi, quelli canadesi, gli inglesi e pure le indagini indipendenti dell’Associated Press che ha analizzato “più di una dozzina di video dei momenti prima, durante e dopo l’esplosione dell’ospedale“. Secondo frotte di esperti sentiti da Ap “lo scenario più probabile” è quello di “un razzo proveniente dall’interno di Gaza che ha virato e si è disintegrato pochi secondi prima dell’esplosione”. Certo: secondo Al Jazeera quel missile della Jihad islamica potrebbe essere stato intercettato dal sistema Iron Dome, ma anche fosse vero non cambierebbe di molto la sostanza: ad oggi, infatti, non c’è alcuna evidenza di un bombardamento mirato da parte di Tel Aviv.

In fondo a sei giorni dalle accuse di Hamas, le autorità palestinesi non sono ancora riuscite a produrre alcuna prova che colleghi Israele con l’attacco. I terroristi sostengono di non aver trovato “le munizioni che hanno colpito il sito”, come se potessero evaporare, né sono stati in grado di fornire un conteggio preciso delle vittime, dapprima quantificate in circa 500, poi fatte salire a 833, di nuovo ridotte a 471 e infine “ridimensionate” intorno alle 100 unità dalle intelligence occidentali.

Le scuse del Nyt

E torniamo ai media. Solo di fronte a queste evidenze, e a una settimana dal fattaccio, l’editore del Nyt ha finalmente chiesto scusa ai lettori per essersi fatto fregare. Il prestigioso quotidiano ammette di essersi basato “troppo sulle affermazioni di Hamas”, di non aver chiarito che le informazioni andavano “verificate” e di aver “lasciato ai lettori un’impressione errata” su quanto fosse credibile il resoconto. Il capo cosparso di cenere. “Gli editori del Times avrebbero dovuto prestare maggiore attenzione alla presentazione iniziale – si legge nella nota – ed essere più espliciti su quali informazioni avrebbero potuto essere verificate”. Alla faccia del fact checking, dei debunker e dei cacciatori di fake news in servizio permanente: ci lamentiamo di social, delle bufale e dei siti “poco affidabili”, poi però la fretta e la poca accuratezza dei grandi media rischiavano di cambiare del tutto la guerra in Medio Oriente. Una debacle totale.