Le offese e gli attacchi a Giorgia Meloni non sono una novità. Non lo è la macchina del fango. E la presidente di Fratelli d’Italia, che certo non è una novellina della politica, sa che i tiri mancini fanno parte del gioco. Il grado di bassezza raggiunto adesso dalla stampa spagnola e da certi suoi seguaci nel nostro Paese, però, probabilmente non ha precedenti paragonabili.
Ci riferiamo al pezzo uscito su Diario de Mallorca, che racconta la storia del padre della Meloni, Francesco, che nel 1995 fu fermato al porto di Maó, a Minorca, con 1.500 chili di hashish, su una barca a vela, la Cool star, battente bandiera francese. L’uomo fu poi condannato a nove anni.
Va ricordato che Meloni aveva abbandonato la famiglia quando Giorgia aveva solo un anno e, come lei stessa ha raccontato nella sua autobiografia, dall’età di 11 anni, la papabile premier aveva deciso di non incontrarlo mai più. “Se una bambina di 11 anni decide che il padre non lo vuole vedere più e poi lo fa davvero”, aveva raccontato a Francesca Fagnani l’esponente della destra, “evidentemente quest’uomo qualcosa ha fatto. Mio padre ha fatto di tutto per non farsi voler bene, stimare. Faccio fatica a dire che era una brava persona”.
Francesco Meloni, ormai deceduto, è stato praticamente un estraneo per Giorgia. In più, bisogna registrare la completa dissociazione della leader di Fdi dallo stile di vita del genitore, che peraltro era di simpatie comuniste – anche se, da quanto lei ha riferito in un’intervista a Peter Gomez, non è stato per reazione alle idee politiche del papà che la leader conservatrice si orientò a destra.
Quale sarebbe, insomma, la colpa della Meloni? Una sorta di ereditarietà genetica delle malefatte del padre biologico?
Un tentativo gretto di collegare questa vicenda dolorosa alla carriera politica della futura premier lo ha fatto la giornalista israeliana Rula Jebreal. Sui social, ha accusato la Meloni di aver diffuso il video di uno stupro commesso da un migrante – si riferiva al ghanese di Piacenza – “insinuando che i richiedenti asilo sono criminali che vogliono rimpiazzare i cristiani bianchi”. Un’interpretazione piuttosto tirata, che però è quasi tollerabile, a paragone con il prosieguo del ragionamento: “Ironicamente, il padre della Meloni è un noto trafficante di droga/criminale condannato in via definitiva, che ha scontato la pena in un carcere spagnolo”.
In un successivo tweet, la Jebreal ha provato a chiarire questa posizione indifendibile: “La Meloni non è colpevole dei crimini commessi da suo padre, ma spesso sfrutta i reati commessi da alcuni stranieri, per criminalizzare tutti gli immigrati”. Un tentativo squallido di strumentalizzare una vicenda dolorosa, che non dovrebbe tangere in alcun modo la reputazione della Meloni.
Ieri sera, sulla vicenda è intervenuta proprio la leader di destra, biasimando “il tatto della stampa italiana che racconta i guai di mio padre”, omettendo che egli “andò via quando avevo poco più di un anno” e che “ho scelto di non vederlo più all’età di 11 anni. Tutti sanno che non ho mai più avuto contatti con lui fino alla sua morte. Ma poco importa, se i ‘buonisti’ possono passare come un rullo compressore sulla vita del ‘mostro’”.
Tra le righe, s’intende anche che la Meloni ha intenzione di querelare Rula Jebreal, poiché le ha attribuito la dichiarazione sui richiedenti asilo criminali che vogliono sostituire i bianchi cristiani.
Stendiamo un velo pietoso sulla volgarità e la malafede di chi, in assenza di argomenti politici, sfrutta gli stratagemmi più meschini. Esaurita la tiritera sul fascismo, siamo arrivati ai crimini di un padre pressoché inesistente nella vita della Meloni. Ma cosa sarebbe successo a parti invertite? Quanti sepolcri imbiancati si sarebbero stracciati le vesti, se al posto di Giorgia, ci fosse stata una qualsiasi donna di sinistra?
Matteo Milanesi, 30 settembre 2022