L’idea era quella di scrivere un libro con il mio professore Antonio Martino. Come dice il sottotitolo del libro che uscirà il 29 novembre (ma che potete preordinare su tutte le piattaforme digitali) la sua forza sono le sue “idee che non muoiono mai”. E dunque ho pensato di fare il libro anche senza di lui. Per noi liberali, per noi che lo frequentavamo, per noi che siamo diventati liberali grazie a lui, è stata una perdita incolmabile. Ma le sue idee, i suoi aneddoti, il suo modo di affrontare la vita e la politica rimangono.
Il libro parte dunque con un ricordo di quando mi chiamò a fare il suo portavoce alla Farnesina. E si conclude con un’intervista zibaldone, che sarebbe dovuta essere solo la prima conversazione di una lunga serie, che il destino ci ha impedito di concludere.
Ecco un piccolo assaggio: “Il primo governo Berlusconi giura a metà del maggio del 1994. Cerimonia importante. Eravamo a L’Opinione, il glorioso giornale del Partito liberale, che da
poco si era trasferito dal piano strada di via Leccosa, a due passi dal Tartarughino dove Altissimo e De Michelis andavano a ballare, al piano nobile di un palazzetto ad angolo di piazza San Lorenzo in Lucina. Fronte Ciampini, il bar dove servono i migliori tramezzini di Roma, gestito da due riccioluti romani con molta voglia di fare. Proprio nella piazza dove sorge quella chiesa, dove circa trent’anni dopo si tennero i funerali di Stato proprio del prof.
Eravamo nello stanzone de L’Opinione a vedere quel giuramento, eccitati come dei bambini. Non erano, in quel giornale, tutti berlusconiani, anzi; ma quell’immagine dei barbari milanesi e del reietto del Pli e cioè Martino, che tanto avevamo seguito negli anni ’80, che li vedeva giurare nelle mani di un presidente che mal li sopportava ci dava un godimento pazzesco. Come mi disse il proprietario di un negozio di abbigliamento sotto la redazione, il Leoncino, sempre a un tavolino da Ciampini: «Il giorno che ho visto davvero salire Berlusconi e i suoi al Quirinale ero talmente eccitato che sono andato dal concessionario e mi sono comprato quella macchina che corteggiavo da tempo».
Era un clima di euforia, che arrivava dopo un periodo che più buio non si potesse. Nel nostro piccolo, a L’Opinione, noi che ci sentivamo quelli buoni, avevamo passato gli ultimi anni a vedere i nostri amici di partito arrestati, indagati: i liberali, come tutti, facevano parte della cricca. E di lì a poco, mi arriva una telefonata proprio di Martino che aveva appena giurato al Quirinale…”