Chiesa

Il Papa sposa le tesi Pro-Pal: “Indagare se a Gaza c’è un genocidio”

Bergoglio in un nuovo libro in uscita per il Giubileo. Bordate ad Israele. E sui migranti: “Vanno accolti e promossi”

papa bergoglio © Olga Lioncat tramite Canva.com

Nell’era della globalizzazione, caratterizzata da connessioni senza precedenti ma anche da profonde divisioni causate da conflitti e disparità, Papa Francesco decide di parlare. E stavolta lo fa senza dare un colpo alla botte ed uno al cerchio, come fatto in questo anno di guerra in Medio Oriente, ma accusando di fatto direttamente Israele di “genocidio“. Il suo ultimo lavoro editoriale, intitolato “La speranza non delude mai. Pellegrini verso un mondo migliore“, affronta alcune delle questioni più dibattute e spinose sul panorama internazionale. Il Pontefice pone l’accento su diverse problematiche di rilievo, quali la difficile situazione a Gaza, la problematica dell’immigrazione, il triste fenomeno dei “diamanti insanguinati” in Congo, la diffusa “globalizzazione dell’indifferenza” e le recenti tensioni belliche in Europa.

La guerra a Gaza

La condizione di Gaza viene analizzata dal Papa con particolare enfasi sulla sua gravità, tanto che egli stesso parla di “caratteristiche di un genocidio” per descrivere quanto sta accadendo in quel territorio. Papa Francesco lancia un appello alla comunità internazionale affinché non si distolga lo sguardo da una tragedia che secondo il Santo Padre richiede un’esplorazione approfondita, non solo sotto il profilo del diritto internazionale. “A detta di alcuni esperti – sono le esatte parole di Bergoglio – ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio. Bisognerebbe indagare con attenzione per determinare se s’inquadra nella definizione tecnica formulata da giuristi e organismi internazionali”.

Il Papa pro-migranti

Il messaggio del Papa non si limita alla sola denuncia dei conflitti armati, ma si estende anche al tema dei migranti, considerati vittime di una guerra di natura economica e neocoloniale. In questo contesto, l’Africa, e in particolare la Repubblica Democratica del Congo, vengono saccheggiate delle proprie risorse. Durante il suo viaggio in Congo nel 2023, Francesco ha avuto modo di osservare direttamente quello che considera lo “sfruttamento coloniale”, che trasforma risorse naturali preziose, come i diamanti, in simboli di sofferenza. “Quando sentiamo questo o quel leader lamentarsi dei flussi migratori provenienti dall’Africa verso l’Europa, quanti di quegli stessi dirigenti si interrogano sul neocolonialismo che esiste ancora oggi in molte nazioni africane?, dice il Papa. “Una volta accolti e poi protetti, i migranti vanno promossi. Nel chiedere che si aprano loro le porte, esorto anche a favorire il loro sviluppo integrale, a dare loro la possibilità di realizzarsi come persone in tutte le dimensioni che compongono l’umanità voluta dal Creatore”.

Il Papa propone dunque un modello di solidarietà globale incentrato sulla carità e la cooperazione internazionale. Egli critica fortemente quello che definisce la “globalizzazione dell’indifferenza”, promuovendo una risposta collettiva che ponga al centro l’umanizzazione delle condizioni dei migranti e che contrasti l’isolazionismo con una “globalizzazione della carità”. “Nella sfida delle migrazioni – dice – nessun Paese può essere lasciato solo e nessuno può pensare di affrontare la questione isolatamente attraverso leggi più restrittive e repressive, talvolta approvate sotto la pressione della paura o in cerca di vantaggi elettorali”.

La guerra in Europa

Quando il discorso si sposta sull’Europa, il Papa descrive il continente come il fulcro di una “Terza guerra mondiale a pezzi“. Richiamando alla memoria le tragedie storiche europee, incentrate sulle divisioni e sul totalitarismo del ventesimo secolo, Francesco esprime preoccupazione per il rischio che le lezioni del passato vengano dimenticate o ignorate, aprendo la strada a nuovi conflitti devastanti. “Non può essere un caso – conclude il pontefice – che questi nuovi venti di guerra soffino nel Vecchio mondo allorché si assottigliano sempre più le file dei testimoni diretti della barbarie del totalitarismo o, peggio ancora, quando vengono emarginati, come pezzi da museo impossibilitati a addurre le loro preziose testimonianze”.

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