Articoli

Il paradosso italiano: meglio terrorista che no pass

Articoli

Da anni l’informazione finanziata con denaro pubblico, e quindi sempre filogovernativa, schiera la sua batteria di giornalisti, accademici e intellettuali auto eletti, per diffondere slogan incentrati sulla contrapposizione sociale e ideologizzata, che mira a demonizzare categorie, idee e argomenti.
In una maniera o nell’altra l’obiettivo è l’autodistruzione che la comunicazione di regime alimenta attraverso la reciproca intolleranza basata sull’ignoranza. Alla base i famosi “bene comune” e “non discriminazione”.

L’inchiesta insabbiata

Vi ricordate il “mito della privacy” per combattere razzismo, discriminazioni e bullismo?Quell’ipocrisia che ha pensato di dire addio ai “quadri” affissi in corridoio a fine anno scolastico e lasciare le pagelle e le ammissioni a comunicazioni personali per difendere i giovanissimi da discriminazioni e bullismo. Uno dei casi più eclatanti del mito della privacy solo per combattere discriminazioni e razzismo l’ho toccato personalmente con mano qualche anno fa. Quando praticamente da sola in Italia ho seguito i processi inglesi per i fatti di Rotherham. Un’anonima cittadina del South Yorkshire nel 2014 divenne famosa perché venne alla luce il caso delle 1400 bambine e ragazzine abusate da bande di pakistani islamici a caccia di bianche occidentali. Rotherham fu la punta dell’iceberg di un’infame narrazione di abusi sessuali che coinvolse tante città inglesi.

Per anni, prima del 2014, le autorità tennero chiusa nei cassetti l’inchiesta nel terrore dichiarato – e in alcuni casi messo anche per iscritto – che lo stigma sociale del razzismo macchiasse le loro reputazioni. Quel genere di razzismo passato alla storia come “islamofobia”. Quando poi la storia emerse grazie ad un coraggioso giornalista, che poi perse il lavoro, venne dato ordine alla stampa di evitare di parlare dei carnefici indicando l’origine (pachistani!) e la religione (l’islam!) in nome della quale avevano commesso le loro aberrazioni. E sebbene in tutte le dichiarazioni in tribunale le gang di musulmani continuassero a rivendicare il diritto in nome di Allah di violentare le bianche.

Toccai con mano, negli anni dei processi, le resistenze a farsi intervistare in chi lavorava al caso. Accadde persino che il ministro ombra alle pari opportunità, la laburista Sarah Champion, nel 2017 venne costretta alle dimissioni da Corbyn e da tutto il partito della sinistra inglese. Aveva osato dichiarare: “l’Inghilterra ha un problema con i pakistani che violentano e sfruttano le ragazzine bianche”. Il mantra era non denigrare neanche le usanze, fossero anche le più oscene: non si discrimina!

Misure e toni che rievocano tempi bui

Anche in Italia, da anni, in occasione di stupri, omicidi e violenze varie, il politicamente corretto ha imposto un certo tipo di linguaggio quando si tratta di immigrati. Un razzismo all’incontrario, tutelato perfino dall’Ordine dei giornalisti che indaga e punisce i colleghi che osano chiamare le cose con il proprio nome. Oggi, assistiamo, invece, all’osceno teatrino di tv, giornali e altissime cariche dello Stato che istigano a discriminare e bollano come “no vax” chiunque osi alzare la mano e porre dubbi su green pass, vaccini Covid e obbligo vaccinale. Proprio in un’Italia e un’Europa dov’è ancora, però, vietato indicare nei rapporti ufficiali l’origine straniera di terroristi o criminali vari per non provocare discriminazioni.

Ecco che in men che non si dica siamo tornati indietro di 80 anni. “Corsi e ricorsi storici” direbbe Vico al cospetto del lasciapassare verde obbligatorio per studenti e docenti e che assomiglia tanto al “nuovo Codice della Pubblica Amministrazione”. Il documento che costituì la prima formulazione delle autorità tedesche, di quello che sarebbe poi diventato il cosiddetto Paragrafo Ariano, un regolamento studiato apposta per escludere gli Ebrei, e per estensione anche altri gruppi “non ariani”, dalla maggior parte delle organizzazioni, da molte professioni e da altri aspetti della vita pubblica. Nell’aprile del 1933 Hitler limitò il numero di studenti ebrei che potevano frequentare le scuole e le università, ridusse “le attività ebraiche” nella professione medica, e con leggi e decreti successivi limitò il rimborso ai medici ebrei da parte delle assicurazioni sanitarie costituite con fondi pubblici. Il sindaco di Monaco vietò ai medici ebrei di curare pazienti non-ebrei e il Ministro dell’Interno bavarese negò agli studenti ebrei l’ammissione alla facoltà di medicina.

Se a qualcuno certe misure suonano come poco familiari con il 2021, è opportuno allora ricordare anche come la vera novità dei manifesti della seconda guerra mondiale fu la violenza dei toni e la crudezza delle immagini. Vedi i manifesti antisemiti diffusi nella Francia di Vichy. “Lo Stato deve prendere per il collo chi non si vaccina”; “chi non si vaccina, spero vivamente che venga radiato”; “Sarete agli arresti domiciliari chiusi come sorci”; “Mi divertirei con birra e pop corn a vederli morire come mosche”; “Rider: sputate nel cibo che portate ai no vax”; “casi pediatrici devono resursi a poltiglia verde”; “criminali da perseguire come mafiosi”; “ho visto in faccia i no vax e ho capito come i nazisti ritenessero giusto ammazzare gli ebrei”; “dividiamo i treni in carrozze: vaccinati e non vaccinati”. No, non sono dichiarazioni di Mengele e compagni ad Auschwitz per la “ricerca scientifica” chiesta da Hitler. Sono le esternazioni pubbliche dei più famosi giornalisti, virologi, politici ed intellettuali dell’Italia del 2021.

PaginaPrecedente
PaginaSuccessiva