Un patto informale, che forse si voleva tenere nascosto per non rischiare di irritare Kiev o di far passare l’idea che la Nato non sia sufficientemente al fianco dell’Ucraina. Fatto sta che oggi l’agenzia di stampa tedesca Dpa, riportata dal quotidiano Die Zeit, riferisce che i Paesi membri della Nato avrebbero sottoscritto un accordo informale per non fornire a Volodymyr Zelensky le armi che egli chiede da tempo. Ovvero carri armati e cacciabombardieri.
Il motivo è semplice. E sconta il necessario equilibrismo che l’Alleanza deve tenere tra il sostegno a Kiev e la necessità di non far evolvere un conflitto “locale” in una guerra mondiale. Dal possibile esito atomico. Il timore della Nato, al netto delle dichiarazioni belligeranti di Jens Stoltenberg, dei movimenti di truppe a Est o dell’invio di armamenti letali all’Ucraina, è quello che Mosca possa vedere carri armati e caccia come una “dichiarazione di guerra” di fatto. E dunque che il Cremlino possa adottare misure di rappresaglia che trasformerebbero in breve tempo questa guerra in qualcosa di più.
Per questo la Polonia in marzo non ha mandato gli aerei Mig 29. E nessuno ha ancora spedito tank di tipo occidentale. Si tratta di un accordo “informale” perché sono i singoli Paesi, non direttamente dall’Alleanza, a fornire gli armamenti. Il capogruppo Spd al Bundestag, Wolfgang Hellmich, ha confermato di esserne al corrente già da metà maggio, affermando che tutti stanno rispettando il patto “e chi dice diversamente o non ha ascoltato bene o consapevolmente non dice la verità”.
Non è un caso, forse, se negli ultimi giorni la lettura occidentale del conflitto in Ucraina stia pian piano cambiando. La Russia avanza nel Donbass, lentamente ma avanza. Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, accusa la Nato di “non fare letteralmente nulla” per combattere i russi. E anche Zelensky ha dovuto ammettere che in quelle aree nel Sud del Paese la situazione è “complicata”. Non solo Kiev sta perdendo fino a 100 militari al giorno, ma qualora dovesse tentare una riconquista fino alla Crimea prevede centinaia di migliaia di morti. Troppi. Ed ecco che, di fronte alle situazione sul campo, prima il New York Times ammette che difficilmente l’Ucraina potrà vincere; poi il Pentagono aggiunge che il Donbass va dato praticamente per perso; e infine Henry Kissinger, facendo irritare non poco Zelensky, suggerisce a Kiev di rinunciare a qualche territorio per raggiungere la pace.
In fondo il periodo è di forti tensioni a livello internazionale. E il timore è che un conflitto lungo e doloroso possa far saltare anche altrove l’equilibrio. Il viaggio in Oriente di Joe Biden, per rinsaldare i rapporti con Giappone e Sud Corea, ha smosso infatti le acque attorno a Taiwan. I caccia nucleari di Russia e Cina si hanno sorvolato il mare nipponico proprio mentre il presidente Usa era in visita. E Pechino ha pure tenuto “esercitazioni di combattimento” nei mari vicino all’isola contesa. Un portavoce militare cinese ha pure confermato che si sono trattati di un “avvertimento solenne” agli Usa, accusati di mettere in campo “azioni ipocrite, inutili e sbagliate” per “l’indipendenza di Taiwan” che rischiano di portare “ad una situazione pericolosa”. La Cina infatti considera l’isola una “parte inalienabile” del territorio cinese e non intende rinunciarvi. Biden ha assicurato che in caso di invasione manderà truppe a difesa di Taiwan. Ma sarà davvero così?