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Il Pd è in crisi d’identità e la butta sullo ius soli

Il Partito democratico, tornato al potere con una manovra di palazzo, rispolvera un suo vecchio cavallo di battaglia: lo ius soli. Innanzi tutto: di cosa si tratta? In breve: chi nasce sul suolo italiano, è italiano a prescindere dalla nazionalità dei suoi genitori. Tradotto: i figli degli immigrati sarebbero automaticamente italiani, se nati nel nostro Paese. Alla sinistra piace anche lo ius culturae: può diventare cittadino italiano il minore straniero nato o arrivato in Italia (prima dei 12 anni) che abbia seguito un percorso formativo nelle nostre scuole di almeno cinque anni. Ometto i casi particolari.

Il tema mi sembra questo: il possesso automatico della cittadinanza è sufficiente per essere integrati? L’esperienza insinua il dubbio che la risposta sia: no. Lo ius soli è perfetto se si ha un continente da popolare e colonizzare. Era il caso degli Stati Uniti, il principale Paese ad averlo adottato. Però Trump ha detto di ritenerlo superato, con un certo riscontro tra gli elettori… L’Europa è un caso diverso. Qui abbiamo sperimentato che non basta il possesso della cittadinanza per essere cittadini integrati. Guardiamo in Francia e vediamo immigrati di seconda generazione odiare il proprio Paese al punto di seminare il terrore. Vediamo anche, non solo in Francia ma in Inghilterra o in Belgio, città nelle città popolate da immigrati che nascono e muoiono senza aver appreso una sola parola della lingua del paese del quale sono cittadini.

L’integrazione è un’altra cosa. Nessuno ha la bacchetta magica ma forse sarebbero preferibili percorsi non automatici ma fondati su verifiche (serie) della conoscenza della lingua e delle leggi italiane. Il motivo principale che sconsiglia lo ius soli è questo: suonerebbe come un invito alla partenza per migliaia di immigrati, cosa che darebbe vita a un flusso incontrollato verso le nostre coste. Con ciò che ne consegue: morti in mare, nuovi schiavi, tensioni sociali.

Non abbiamo bisogno di questo tipo di immigrazione, negativa sia per noi sia per gli immigrati stessi. Abbiamo bisogno di una immigrazione legata al mercato del lavoro (e non dello schiavismo).

Sulla base delle regole vigenti, l’Italia batte ogni anno il record di concessione della cittadinanza. Rubo i dati a Daniele Capezzone, che ne ha scritto sulla Verità: “224mila cittadinanze concesse nel 2017, 202 mila nel 2016, 178mila nel 2015, 130 mila nel 2014, 101 mila nel 2013, 65 mila nel 2012. Come si vede, numeri elevatissimi e un trend in crescita fortissima e costante, secondo i dati della Fondazione Ismu a loro volta basati su numeri Istat”. Siamo il Paese europeo che concede il maggior numero di cittadinanze, e di gran lunga.

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