Esteri

Il piano di Biden per la tregua in Palestina

La roadmap esposta al mondo dall’inquilino della Casa Bianca prevede tre fasi ben distinte

Biden-Netanyahu © 200mm tramite Canva.com

Potremmo essere ad una svolta decisiva per la crisi mediorientale causata dall’orrenda strage perpetrata dall’azione terroristica di Hamas. Raccogliendo una proposta elaborata da Israele per una pace duratura, il presidente americano Biden ne ha divulgato i termini in una conferenza stampa. Nel dettaglio, la roadmap esposta al mondo dall’inquilino della Casa Bianca prevede tre fasi ben distinte.

La prime di queste, che dovrebbe durare sei settimane, prevederà un cessate il fuoco pieno e completo, il ritiro delle forze israeliane da tutte le aree popolate di Gaza, il rilascio di un certo numero di ostaggi tra cui donne, anziani e feriti in cambio del rilascio di centinaia di prigionieri palestinesi. Inoltre, verranno restituiti ai familiari i corpi delle vittime massacrate nel raid del 7 ottobre e nel contempo gli aiuti umanitari a Gaza aumenteranno grazie all’invio di 600 camion che ogni giorno faranno la spola per scaricare medicinali e generi di prima necessità.

In questo periodo continueranno le trattative tra Israele e Hamas “per arrivare – secondo Biden – alla fase due, che rappresenta la fine permanente delle ostilità.” Questo passaggio, che rappresenta il punto nodale dei negoziati, vedrà anche la partecipazione di Stati Uniti, Egitto e Qatar nel ruolo di mediatori. Qualora si giunga ad una accordo, inizierà la seconda fase durante la quale saranno rilasciati tutti gli ostaggi israeliani (anche i soldati catturati in questi mesi di guerra), e l’esercito di Tel Aviv si ritirerà dalla Striscia.

Dopodiché, ci dovrebbe essere la terza fase in cui, con la restituzione di tutti gli ostaggi israeliani uccisi da Hamas si getteranno le basi per la ricostruzione della Striscia. Ne faranno parte i paesi arabi con il probabile contributo dell’Occidente, dato che al momento i danni stimati ammonterebbero a oltre 40miliardi di dollari. «Questa è l’offerta che è ora sul tavolo», ha concluso Biden che nel suo discorso ha assicurato che Hamas non è più in grado di compiere un attacco come quello del 7 ottobre scorso, viste le ingenti perdite subite.

Ora, le incognite sul tappeto sono tante, a cominciare dall’ala più intransigente della democrazia israeliana, che per bocca del consigliere per la sicurezza nazionale Tzachi Hanegbi avrebbe dichiarato ad alcuni parenti degli ostaggi che il governo non sembra propenso ad accettare un accordo che prevede il rilascio di tutti i 125 ostaggi ancora nelle mani di Hamas se fosse condizionato alla fine della guerra.

Ma, a mio modesto parere, l’ostacolo principale risiede in quella parte del mondo islamico, che continua a sostenere e finanziare Hamas, in cui si continua a utilizzare lo spettro del nemico esterno, in questo caso lo stato ebraico e, collateralmente l’intero Occidente, come mezzo ancora molto efficace per mantenere i piedi e col pugno di ferro il proprio regime. In questo senso, una guerra infinita contro gli “infedeli” lontana dal proprio territorio sembra fare particolarmente comodo per uso interno ai medesimi regimi. Staremo a vedere.

Claudio Romiti, 1° giugno 2024

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