È diventato più leggendario del Santo Graal il piano strategico che Cassa depositi e prestiti sta preparando in gran segreto. Però intanto il tempo passa e con esso monta il malumore, non solo a Palazzo Chigi, al Mef e al Mise, ma soprattutto nelle Fondazioni bancarie azioniste di CdP e tra le medie e piccole aziende in attesa degli agognati fondi del cosiddetto “Patrimonio destinato”, continuamente aggiornato con cavillosi adempimenti burocratici.
Persino le Big Four della consulenza Deloitte, EY, KPMG, e PwC si stanno preoccupando perché sarà molto difficile per loro dare l’ok ai finanziamenti da qui al 31 dicembre, visto che la piattaforma è diventata operativa, con grande ritardo, solo da qualche settimana.
Il grido d’allarme nasce da un personaggio poco noto al grande pubblico, ma ben presente nei palazzi del potere: Antonello Cabras, un socialista, già presidente della Regione Sardegna, e sottosegretario e parlamentare, oggi presidente della Fondazione Cassa di Risparmio della Sardegna che, con il suo 1,611%, è la socia più importante tra le fondazioni. Proprio la Sardegna ha un ruolo storico nella Cassa, fondata nel 1857 con una legge del Parlamento del Regno di Sardegna, riorganizzata poi dal primo governo Cavour per essere chiamata a gestire il colossale risparmio postale. Cabras è un politico raffinato: per anni ha governato l’isola trovando di volta in volta gli alleati giusti come Giorgio Oppi, un democristiano grintoso, oggi con l’Udc di Cesa. E Cabras, che in consiglio di Cdp conta sulla sua fedelissima Alessandra Ruzzu, che si è fatta le ossa anche attraverso incarichi nella Nato, sta raccogliendo i malumori delle altre Fondazioni, trovando tra gli altri l’appoggio di Ezio Raviola, grande appassionato di sport che gestisce Cuneo, e di Luigi Salvadori, tennista e tifoso viola, della Fondazione di Firenze.
Ma cosa chiedono i Presidenti al nuovo Ad Dario Scannapieco, lungimirante banchiere, disorientato dall’Italia di oggi, dove mancava dal 2007, anno in cui andò in Bei, dopo aver lavorato con personalità come Ciampi, Draghi, Padoa-Schioppa e Savona?
Vogliono essere coinvolti e sapere soprattutto se la Cassa deve stravolgere il ruolo interventista avuto fino ad oggi nelle grandi partite industriali, dalle costruzioni – sembra peraltro che ora voglia uscire dalla WeBuild di Iacovone e Salini – fino alle reti e alle Tlc, dove il ministro Colao contribuisce a confondere le acque. Ma domandano anche perché la vendita dei grandi asset immobiliari, una geniale trovata del ministro dell’epoca Giulio Tremonti, è rimasta sospesa nonostante il grande interesse dei fondi internazionali, come per esempio sull’area della ex Manifattura Tabacchi in Piemonte. Di queste crescenti insoddisfazioni si è fatto portavoce il presidente ex Ad della stessa Cdp, Giovanni Gorno Tempini, indicato dalle Fondazioni, ma criticato da molti di essere fino ad oggi troppo inerte. Ci si chiede, inoltre, il perché di tanti ritardi nell’erogazione del “Patrimonio destinato”, che fu un’innovativa iniziativa dell’ex ministro Roberto Gualtieri, neosindaco di Roma. Con il passare delle ore circola la voce che i finanziamenti verrebbero destinati a società che, sì, hanno almeno 50 milioni di euro di fatturato, ma con un rating “A” anziché “B più”: praticamente una platea ridottissima e, forse, anche quella meno bisognosa di sostegni.