“L’America punta la pistola alla testa di Zelensky”. Non usa mezze misure il Telegraph nel suo articolo dedicato alle richieste di Washington nei confronti dell’Ucraina. Donald Trump starebbe infatti chiedendo enormi risarcimenti, fino a rivendicare metà delle risorse di petrolio, gas e idrocarburi, nonché quasi tutti i suoi metalli e gran parte delle sue infrastrutture.
L’ultima versione dell’accordo sulle terre rare secondo gli esperti non ha precedenti nella storia della diplomazia moderna. “È un documento di espropriazione”, ha affermato Alan Riley, esperto dell’Atlantic Council: “Non ci sono garanzie, nessuna clausola di difesa, gli Stati Uniti non mettono nulla in gioco. Gli americani possono andarsene, gli ucraini no. Non ho mai visto niente del genere prima”. La strategia sembra chiara: incorporare Kiev come provincia delle industrie americane di petrolio, gas e risorse.
Un’intesa, quella tra Usa e Ucraina, che si innesta nei colloqui paralleli tra Stati Uniti e Russia per una partnership energetica completa, compresi i piani per ripristinare i flussi di gas della Siberia occidentale verso l’Europa in grandi volumi, con aziende statunitensi e finanziatori vicini a Trump pronti ad acquisire una quota importante nel business. Il commercio di gas russo fluirebbe attraverso la rete ucraina e successivamente attraverso il Baltico, in attesa che i gasdotti Nord Stream sabotati vengano rimessi in funzione.
La nuova bozza afferma che il Fondo di investimento per la ricostruzione Stati Uniti-Ucraina controllerà i “minerali critici o altri minerali, petrolio, gas naturale (incluso gas naturale liquefatto), combustibili o altri idrocarburi e altri materiali estraibili” di Kiev. Sono coperti tutti i materiali critici elencati nell’US Energy Act, comprese le terre rare e altri 50 minerali come litio, titanio, cobalto, alluminio e zinco. Gli Stati Uniti controlleranno le infrastrutture collegate alle risorse naturali “incluse strade, ferrovie, oleodotti e altre risorse di trasporto; porti, terminal e altre strutture logistiche e raffinerie, impianti di lavorazione, impianti di liquefazione e/o rigassificazione del gas naturale e risorse simili”.
Tre dei cinque membri del consiglio del nuovo fondo saranno scelti dagli Stati Uniti. Washington riceverà tutte le royalties finché l’Ucraina non avrà pagato almeno 100 miliardi di dollari di debito di guerra con gli Stati Uniti, con un interesse aggiunto del 4%, meno dei 350 miliardi di dollari lanciati in precedenza da Trump, ma comunque metà del Pil dell’Ucraina. Kiev invece riceverà il 50% delle royalties solo una volta saldati gli arretrati. Tra le varie clausole, gli Stati Uniti possono porre il veto sulle vendite delle risorse dell’Ucraina ad altri paesi, il che potrebbe significare vietare le vendite di terre rare alla Cina ma potrebbe anche limitare le vendite all’Europa.
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Oltre a non versare capitali di investimento, gli Usa non offrono alcuna garanzia di sicurezza. Un trattato in stile XIX secolo secondo molti, basti pensare ai trattati imposti alla Cina dalle potenze europee. Secondo la Bild, sono in corso da settimane colloqui in Svizzera per riaprire i gasdotti Nord Stream 2, condotti segretamente dall’ex agente della Stasi Matthias Warnig e dall’inviato di Trump Richard Grenell, un uomo che sarebbe noto per le sue simpatie per il Cremlino. “Si parla di Nord Stream. Sarebbe interessante se gli americani facessero pressione sull’Europa, per farla smettere di rifiutare il nostro gas russo”, ha affermato recentemente Sergei Lavrov, ministro degli esteri russo.
Sul gas russo il dibattito è in corso da settimane. L’Italia, con il ministro Gilberto Pichetto Fratin, sarebbe pronta a rompere il tabù. Una volta sancita la pace in Ucraina sarà possibile tornare alla “normalità” secondo il ministro forzista: “Se un accordo di pace c’è a quel punto entra in gioco tutto. Mi rendo conto che è ancora difficile parlarne a guerra in corso. Ma viene naturale pensare che si potrebbero riaprire molti tavoli, dalla ricostruzione dell’Ucraina alla riapertura degli scambi”. Di diverso avviso, invece, Bruxelles. Così il commissario europeo all’Energia, il danese Dan Jorgensen. “Siamo determinati a smettere di acquistare gas russo in Europa. Non credo di poter essere più chiaro di così. Siamo determinati a non poter continuare ad acquistare gas e quindi a fornire entrate per la cassa di guerra di Putin”.
Franco Lodige, 28 marzo 2025
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