Sorprende l’articolo scritto dal giornalista Roberto Da Rin sull’Argentina pubblicato sul Sole 24 Ore dello scorso 15 settembre che contiene un’analisi che appare approssimativa ed imprecisa, perché si sofferma solo sugli ultimi 9 mesi del nuovo governo senza analizzare le conseguenze disastrose delle politiche socialiste degli ultimi 100 anni che hanno portato gli argentini, da avere i redditi medi pro-capite tra i più elevati al mondo, ad essere in povertà per oltre la metà della popolazione. L’analisi parte dal dato annuale dell’andamento dell’indice dei prezzi al consumo argentini per affermare, perentoriamente, che “la scossa di Milei non funziona”. La risposta a questa affermazione dovrebbe essere molto più articolata di quello che si tenterà di fare in queste righe, perché si dovrebbe parlare dei principi di teoria economica liberista che guidano le decisioni del Presidente Milei.
L’efficacia economica della ricetta di Milei misurata dalla variazione dell’inflazione è sbagliata e capziosa. Milei ha svalutato il Peso argentino all’inizio del proprio mandato. E’ di tutta evidenza che questa necessaria decisione abbia importanti conseguenze inflattive durante il primo anno; tuttavia, una lettura dei dati più obiettiva non avrebbe omesso considerazioni sulla tendenza futura dell’inflazione che si otterrebbe proiettando i più recenti dati mensili sui prossimi 12 mesi: sono attesi dati annui a due cifre e non a 3 come evidenziato nel titolo disfattista dell’articolo.
Quello che più stride, tuttavia, è il non riportare riflessioni in merito alla piena consapevolezza di Milei che la perdita di potere d’acquisto della moneta (la cd inflazione) sia esclusivamente un fenomeno monetario: sono le variazioni dell’offerta di moneta da parte della banca centrale che determinano il valore della moneta stessa nei confronti del paniere di beni e servizi, preso a riferimento per il calcolo dell’indice ed è l’aumento della spesa pubblica, sempre in deficit, che determina l’aumento di nuova moneta: maggiore la moneta in circolazione, minore il suo potere d’acquisto. Quello che vedono i cittadini è solo l’ultima parte, ovvero l’aumento dei prezzi di beni e servizi determinato dall’aumento della moneta in circolazione. La causa della svalutazione monetaria (la cd inflazione) sta nell’aumento della spesa pubblica in deficit finanziata con l’emissione di debito pubblico.
L’inflazione è una tassa occulta, è il prezzo che si paga, attraverso la diminuzione del potere d’acquisto della moneta, per ciò che si pensava fosse gratuito: i servizi erogati dallo stato, finanziati in deficit e quindi a debito, non coperti da entrate fiscali. Esattamente quello che è successo nella disastrata Argentina socialista degli ultimi 100 anni.
Milei, da buon economista di Scuola Austriaca, ha ben chiaro questo meccanismo. La sua azione di governo è quindi volta a cessare definitivamente l’impostazione statalista ed assistenzialista dello Stato per ottenere una serie di conseguenze positive: la stabilizzazione del valore interno del Peso (diminuendo il più possibile la spesa pubblica improduttiva) e la conseguente stabilizzazione del valore esterno del Peso (per riportare investimenti privati esteri nel paese). Obiettivo ultimo è quello di ridurre al minimo l’intervento dello stato nell’economia rispetto alle mostruosità peroniste, ed il ripristino di un’economia che si basi sulle leggi naturali del libero mercato.
Si può affermare che le attuali politiche di Milei siano la fase destruens, necessaria a smantellare il modello socialista della Repubblica Argentina. A questa inevitabile fase, seguirà la fase construens, grazie al probabile afflusso di capitali esteri ed alla liberazione delle forze di libero mercato, premessa per la crescita economica che quasi tutti gli istituti di ricerca stanno attribuendo, per i prossimi anni, all’Argentina e che la Borsa di Buenos Aires anticipa già da mesi con l’indice (pur svalutato dal peso) salito, in pochi mesi, da 600 punti a circa 1.600 punti attuali: una crescita, questa sì, a 3 cifre!
L’”esperimento” di Milei può e deve essere considerato il più interessante negli ultimi 40 anni di politiche economiche mondiali nei paesi occidentali democratici dopo gli straordinari e storici periodi di crescita economia degli anni ’80 di Stati Uniti, Gran Bretagna, Nuova Zelanda ed Israele, ispirati ad analoghi principi liberisti dell’Argentina di oggi. La speranza è che queste politiche non vengano descritte in modo improprio, se non osteggiate, ma che, invece, vengano “copiate” anche e soprattutto in quei paesi ad alto debito, elevata tassazione e spesa pubblica come l’Italia perché venga ridotto l’intervento dello stato nell’economia e lasciate libere le forze del mercato che, si ricorda, agiscono sempre a favore del reale interesse del consumatore.
Andrea Bernaudo
Presidente Liberisti Italiani
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