La ricerca del centro perduto si tinge di rosa. A sorpresa, infatti, due donne che non ti aspetti emergono nell’immaginaria ricostruzione di una moderna Democrazia Cristiana 4.0: Mara Carfagna e Maria Elena Boschi. Le ex ministre, pur con percorsi diversi, affondano la loro linea politica nelle profonde radici cattoliche italiane. E i fermenti dei rispettivi partiti, dopo le scorribande renziane, potrebbero essere il preludio verso una unitaria svolta ‘crociata’. Intanto, dopo molti tentativi andati a vuoto, il piano di una nuova DC 4.0 si fa strada anche con il supporto di quel che resta del Vaticano e della Cei, a cui si aggiunge quello di Manfred Weber – leader del Ppe in missione anti-Salvini a Roma – e di numerosi gruppi dell’associazionismo e del volontariato cattolico. Incredibilmente, pare che pure Giorgia Meloni, certo impegnata in altre faccende, non avversi il progetto, in quanto visto soprattutto in chiave anti Lega e Forza Italia.
Ma da dove nasce la ricerca di figure femminili capaci di far rivivere la “balena bianca”, finora al centro di tante dispute giudiziarie sul simbolo, vissute ormai come un fastidio da tutti quelli che, negli anni, hanno creduto nei valori di Don Sturzo e De Gasperi? Boschi e Carfagna non si espongono, ma sanno di essere al centro di sondaggi riservati. La prima, da sempre punto di riferimento del network di associazioni “Ditelo sui tetti”, think tank vicino a figure di primo piano come il Segretario di Stato Pietro Parolin e il potente sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Allo stesso modo Carfagna, super atlantica, è in prima fila in numerosi incontri in Vaticano, dove si distingue per l’attenzione ai temi sociali e dei diritti umani. Alcuni intellettuali cattolici, assieme ad emissari della segreteria di Stato stanno discutendo, in gran segreto, in un appartamento in via della Conciliazione alcuni punti programmatici che potrebbero diventare un cammino politico articolato sulle seguenti linee guida:
1. legge elettorale: sistema proporzionale con preferenze (ad eccezione del capolista) e con premio di maggioranza all’eventuale coalizione che raggiunga il 45/47% dei voti. Il presidente della Repubblica eletto dal Parlamento è un punto fermo.
2. Politica estera: Euroatlantismo.
3. Economia: una nuova economia sociale di mercato all’interno e un multilateralismo concertato sui mercati internazionali. Tecnologia, innovazione, concorrenza, basata sulla centralità della persona umana, la cui dignità e diritti devono essere rispettati e promossi.
4. Politica industriale: riprendere la produzione domestica di acciaio, creazione del polo della metalmeccanica con Finmeccanica come holding e che comprenda Leonardo, Fincantieri, Ansaldo, Ilva.
5. Politica energetica: rinazionalizzare l’Enel -come hanno fatto i francesi con EdF- e fondere Snam e Terna in un’unica società delle reti energetiche, possibilmente aggiungendovi la rete delle telecomunicazioni.
6. Politiche per il Sud: creazione di una Cassa per il Mezzogiorno Europea, fornendo la possibilità anche agli imprenditori europei di investire al Sud.
7. Politica socio-sanitaria ed istruzione: sulla scuola più fondi e ritorno alle scuole per l’avviamento al lavoro.
8. Politiche ecologiche ispirate all’enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco.
9. Innovazione e l’educazione digitale per preparare le nuove generazioni alla rivoluzione tecnologica dell’AI, e piattaforme per la partecipazione attiva dei cittadini. Infine i temi etici avranno grande spazio com’è giusto che sia in un contesto socioculturale che finora ha creato solo polarizzazioni.
Un progetto solido e realistico il cui step iniziale può essere la creazione, a breve, di un gruppo parlamentare autonomo, ipotesi forse apprezzata anche dal presidente della Camera Lorenzo Fontana, altro cattolico convinto, che vedrebbe la riunificazione di Udc e Svp a cui potrebbero sorprendentemente unirsi alcuni parlamentari in forte contrasto con i loro gruppi attuali. Tra questi, il trentino Andrea De Bertoldi, cattolico liberale, recentemente espulso da Fratelli d’Italia -decisione affrettata che causerebbe qualche imbarazzo alla Meloni- e altre uscite eccellenti. Si dice che De Bertoldi sia il parlamentare più vicino al governatore della Banca d’Italia, Flavio Panetta, padre e fratello DC doc, e una delle “riserve della Repubblica” che non ha certo gradito ‘l’olio di ricino’ usato verso il suo amico. Gli altri che potrebbero ammiccare al nuovo gruppo centrista sono personalità come Ettore Rosato, triestino, in bilico tra Pd e Renzi e da sempre in ottimi rapporti con lo stesso Parolin, così come il montanaro piemontese Enrico Borghi. Senza contare le praterie dei democristiani doc insofferenti del Pd di Elly Schlein. Due nomi per tutti: Lorenzo Guerini e Salvatore Margiotta. Poi c’è l’evergreen Pierferdinando Casini, in attesa, ai box, di riprendere la pista per il “mondiale” del Quirinale. Anche lui potrebbe appoggiare un nuovo centro che lo aiuterebbe nella scalata al Colle, così come Maurizio Lupi, che esordì come consigliere comunale dello scudo crociato nel 1993, pronto ad includere i suoi Moderati a patto di un progetto serio di una Dc 4.0.
Qualsiasi programma futuro dipenderà anche dall’intesa, che sembra ormai prossima, per chiudere l’annosa questione del simbolo. Una diaspora iniziata nel 1994 da Ciriaco De Mita e Giuseppe Pizza, rivendicando la continuità con il vecchio partito dopo la dissoluzione della Democrazia Cristiana, e Renato Grassi, fino a Gianni Fontana, autorevole ex ministro democristiano. Immancabili le dispute nei Tribunali dello Stivale, da Roma a Napoli, da Milano a Caltanissetta. In questi giorni due importanti studi legali, uno di Palermo e l’altro di Roma, stanno concludendo un accordo per permettere al simbolo storicamente più votato dagli italiani di tornare a correre e aprire una nuova stagione politica. Infatti, i tre principali protagonisti di questa faida Lorenzo Cesa, Gianfranco Rotondi e Salvatore Cuffaro, con la mediazione di Saverio Romano, hanno deciso, con senso di responsabilità e una buona dose di umiltà, di porre fine al contenzioso e preparare, per l’inizio dell’anno, una grande assemblea sotto l’iconica immagine scudo-crociata. Entusiasmo anche nella società civile, a partire da Fabrizio Palenzona, uomo forte della finanza cattolica, Antonello Giacomelli, commissario Agcom, e da donne come Lorenza Lei, ex Dg Rai, e Simona Signoracci, nel cda di Terna.
Un consesso fatto di movimenti, associazioni e organizzazioni che operano attivamente nella società, da Comunione e Liberazione al Movimento dei Focolari, dalla Comunità di Sant’Egidio ad Azione Cattolica. Tutte realtà rimaste orfane della Dc e oggi politicamente allo sbando che necessitano di una casa comune dove confrontarsi. Ai margini del meeting, una grande mostra con i manifesti storici dello scudo crociato, simbolo creato nel 1943 da Giovanni Battista Montini, che in seguito divenne Papa Paolo VI, e da Guido Gonella, uno dei fondatori del partito. È l’ultima occasione di una rinascita finora sempre e solo annunciata. Se poi sarà una donna a guidarla è ancora da vedere. L’unica certezza è che tornando alla politica seria, del ‘fare’ degasperiano, con un partito vero, dalle forti tradizioni, con una rappresentanza forte nel territorio e in Parlamento, il centro possa riportare alle urne quella marea di elettori che, stufi del culto della personalità dei leader (Berlusconi a parte), disertano il voto, pur essendo di fatto la maggioranza. Potrebbe essere la volta buona per tornare a imbracciare lo scudo.
Luigi Bisignani per Il Tempo 1° settembre 2024
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