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Il pm del Russiagate: “La Clinton pagò una società per collegare Trump a Mosca”

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Cosa sarebbe successo se – ipotizziamo – un procuratore avesse accusato Donald Trump di aver pagato una società per infiltrarsi nei server della Casa Bianca per cercare di creare un legame fittizio tra Hillary Clinton e Vladimir Putin? Probabilmente lo avrebbero già mediaticamente crocifisso. Invece – almeno in Italia – è passata un po’ in sordina la notizia (questa sì vera) delle accuse mosse allo staff della Clinton da John Durham, procuratore speciale della contro-inchiesta sul Russiagate: nei documenti depositati agli atti si sostiene che i collaboratori di Hilary avrebbero pagato una società per infiltrarsi nei server della Trump Tower e dello Studio Ovale per creare presunti collegamenti tra il Tycoon e lo Zar di Russia.

Certo, il procuratore in questione è stato nominato dall’allora amministrazione Trump. Ma in America funziona così e questo non può certo tradursi in un automatica dichiarazione di poca imparzialità del giudice. I fatti sono esplosivi. Possibile che la Clinton abbia cercato di incastrare Trump, facendolo passare per sodale di Putin? Nei quattro anni di presidenza trumpiana di accuse ne sono state mosse a bizzeffe, a partire dai presunti contatti tra la Russia e lo staff dell’ex presidente durante le elezioni del 2016. L’inchiesta fu condotta da Robert Mueller e ampiamente amplificata dalla stampa liberal, ma che alla fine non ha incriminato l’ex presidente: se ingerenza russa ci fu, non è dimostrabile che The Donald l’abbia cercata.

Di tutt’altro peso invece le accuse rivolte a Hillary Clinton. Trump parla di “rivincita” ed esulta di fronte a quelle che considera le “prove” dello spionaggio subito “nel tentativo di fabbricare un legame completamente falso con Mosca”. Il Tycoon rievoca lo scandalo del Watergate, quando emissari della campagna elettorale di Nixon cercarono di intercettare il quartier generale del Comitato elettorale democratico. E chiede un’indagine penale ai danni dello staff democratico.

Sullo sfondo, ovviamente, ci sono le manovre per preparare la sua ridiscesa in campo. L’obiettivo di Trump resta la ricandidatura per i Repubblicani alle elezioni del 2024. Curiosità: la sua ex avversaria parlerà alla convention democratica del 17 febbraio prevista a New York. C’è chi ipotizza la Clinton che possa essere la “candidata fantasma” in grado di scippare il posto a Joe Biden e alla stella (cadente) Kamala Harris. Ci aspetta un nuovo confronto Trump-Hillary?