Già è stato un anno scatenato, di quelli che non dormono mai. Nel senso che qui nessun dorme, siamo preda dei nostri incubi ad occhi aperti e ogni giorno diventano più spaventosi. Ergo, a chi conferire il Porro d’Oro, la prestigiosa copertina del nostro sito giornale?
A chi dare il Porro d’Oro?
La scelta è problematica e siamo stati a lungo incerti, addirittura con duelli rusticani: in redazione: il supertecnico che ha superfallito, quello che “il greenpass serve a tenere sicura la gente dando garanzia di non contagiarsi”? Il presidente di tutti gli italiani, ma qualcuno di più, che ha avallato ogni sciagurata scelta? Lo Speranza che fa venir voglia di suicidarsi anche quando si copre con una maschera, che a togliersela raggiunge l’effetto Mariangela Fantozzi, meglio prima? Il vice Sileri, che se ogni tanto restasse silente farebbe un favore a se stesso? I palettoni e le palettine di regime? I saltafila? Gli ossessi della vaxxinazione estrema che poi si ritrovano in quarantena coi loro figlioli iperimmunizzati e nondimeno positivissimi? Il generale con la penna, Figliuolo, per cui non c’è problema a spararsi dodici ore in fila per un tampone visto che la gente fa la fila anche per il black friday? I diversamente democratici che vogliono la soluzione finale per 6 milioni di dissidenti? Gli intellettuali organici, intesi alle volte come concime? I fanatici del Covip, che s’infettano per spararsi le pose su Instagram? I burosauri dell’Unione Europea, che se c’è da pappare son sempre pronti ma in presenza di un problema non si trovano mai, se la filano come i topolini dalla nave (dei folli) che affonda?
L’anno dei virologi
Altro che annus horribilis: in questo anno Titanic, a forza di fidarci di loro siamo stati travolti da 125 milioni di cazzate; fiumi di minchiate ci hanno sommerso ogni maledetto giorno, ci siamo dopati, assuefatti, se al mattino, dopo l’ennesima notte bianca, non ci alziamo e non troviamo un nuovo delirio insieme al caffè, non riusciamo a carburare, la giornata parte storta e restiamo in astinenza fino a che qualche anima demente non provvede: difficile venirne a capo, difficile decidersi. Ma, alla fine, una categoria s’è imposta con tutto il peso della sua autorevolezza: i virologi, vil razza dannata. Virologo può voler dire verbo del virus, ossia scienziato, ma anche, volendo, estrapolando, verbo del vir, del vero uomo, alla latina: nel loro caso non si attaglia nessuna delle due interpretazioni, possiamo invece tranquillamente rileggerla come verbo in libertà, flatus gaiae scientiae, cabaret, rivista, avanspettacolo.
Errori e contraddizioni
Li abbiamo visti in tutte le pose e in tutte le salse, sul red carpet, in costume da sirenetto, in scollatura strategica, indossatori, maitre a vacciner, politologi, aruspici, esperti di pallone, intrattenitori, fantasisti, cazzoni, cazzari, in una bagarre furiosa tipo arrivo della Milano – Sanremo per chi arrivava primo a spararla più grossa: il virus non c’è, il virus è micidiale, la mascherina non serve, la mascherina anche per andare al cesso, involtini cinesi contro il razzismo, guai a mangiare insieme, scopare no, meglio far da soli e per 15 minuti al massimo, mi faccio un ciondolo col virus, il virus non ci lascerà mai, il vaccino ci rende liberi, il vaccino non funziona, una dose e passa tutto, non basteranno seimila dosi, la terza dose copre per 10 anni, la terza dose basta per 10 settimane, i tamponi non mentono, i tamponi non contano, avremo centomila morti al dì, non potevamo sapere, nessuno ha mai detto, allo stato le conoscenze erano quelle, Emiliano non tradisce gringo, Emiliano dice tutto gringo.
La candidatura di Burioni
Ancora una volta, anche restringendo il campo, premiarne uno è quasi più difficile che capire il funzionamento del supermegacalifragilistichespiralidosogreenpass. Nomination per Galli? Per Pregliasco? Il più papabile è stato a lungo, lo confessiamo, lo Sburione, quello che paragona i “no” ai cani e ai sorci, quello che attacca perfino l’attrice brillante Diana del Bufalo, senza capire il senso di quanto dice. Per forza, questi virologi, o virorologi, che ogni minuto segnano l’ora del nostro sconforto, hanno il senso dell’umorismo di un tampone, la verve di una siringa, la simpatia di una fiala. Ma poi ci siamo arresi al fatto che son tutti uguali: innamorati di loro stessi, sempre tesi al rinnovamento delle profezie terrificanti.
Il vincitore è…
Anche il Cartabellotta, quello delle filastrocche, molto mature, molto vir, su chi s’infetta, avrebbe meritato: diabolico d’un gastroenterologo, prima fa venire il mal di stomaco a chi lo segue, quindi lo cura. Alla fine, non riuscendo ad orientarci, si è deciso che il Porro d’Oro lo meritava un momento irripetibile, l’istante di un’eternità: la canzoncina del trio Lescano della scienza, i tre teneroni, “sì sì vax, sì sì vax, vacci-nia-mo-ci…” Forse era più adatta la canzone di Cenerentola, “magicabula, chi te se inc…, bibbidi bobbidi bu(rione)”. Ma, insomma, sono scelte, ognuno ha il suo cavallo di battaglia. Più intonati che scienziati, frizzanti come un Capodanno in Unione Sovietica, la loro performance resterà agli annali, un classico, come Italia Germania 4-3 e lo sbarco dell’uomo sulla luna: un piccolo passo per il vir, un’enorme puttanata per l’umanità.
Sarà difficile superarsi, lo sappiamo. Ed è con questa motivazione che conferiamo alle sorelle Bandiera della scienza il nostro Porro d’Oro 2021. Nella speranza che, per l’anno che verrà, sappiano trovare qualcosa di ancor più estremo con cui farci sentire migliori: ne abbiamo un fottuto bisogno, e proprio per causa loro.
Max Del Papa, 31 dicembre 2021