Esteri

Il problema dell’Africa sono gli africani

La rivolte in Kenia e un continente ancora schiavo della carità dell’Occidente

In Kenia, una volta tanto, la gente è scesa in piazza non per appoggiare qualche golpe ma per fame. Protesta spontanea, insomma, contro il tentativo del governo di aumentare le tasse. Cioè, contro il caro vita di una vita già cara. Finale: 23 morti ammazzati dalla polizia che ha sparato sui dimostranti. E un centinaio di feriti.

Immaginate se una cosa del genere fosse accaduta nella Mosca putiniana o nella Roma meloniana. Ma anche nella Washington woke e in qualunque città dei “bianchi”. Sì, perché il vero razzismo è questo, mica quello hollywoodiano: degli africani (ma anche degli arabi, degli indiani o dei cinesi) non ce ne frega niente, tranne quando annegano in acque internazionali e i tiggì continuano a dire che è accaduto “di fronte alle coste calabresi”, perché a noi interessa la battaglia politica interna e nient’altro. Ci commuoviamo a comando.

Ma, per tornare al Kenia, come mai l’Africa è sempre alla fame? E/o eternamente alle prese con genocidi e profughi? È dagli anni Sessanta che l’Occidente versa valanghe di denari in “aiuti”, che hanno reso mendicante perpetuo un intero continente. Dove finisce questo flusso continuo di soldi a fondo perduto? Soldi che, periodicamente, vengono aumentati da quelli rastrellati in “concerti” internazionali tipo Live Aid o For Africa, nei quali si esibisce il fior fiore della musica pop, con tenori al seguito. Però gli africani continuano a preferire il rischio di annegare pur di andarsene da laggiù. Infatti, ecco la risposta: i soldi finiscono nelle tasche di chi comanda. Il quale, dopo essersi comprato la Rolls con le maniglie d’oro, trasferisce il resto nelle banche occidentali e/o in qualche mega-villa a Parigi o a Londra o altro luogo finanziariamente interessante.

Cioè, il problema è la corruzione, e non diciamo niente di nuovo. Se ne era accorto anche Obama, che in tal senso aveva bacchettato i politici africani quando era presidente e in visita ufficiale. Ma, direte voi, se il problema è la corruzione dei ceti dirigenti, perché i popoli africani li votano? Perché, come è stato rilevato, in Africa si vota non per un partito ideologico ma per uno etnico. Lo zulu vota per il candidato zulu, lo xhosa per quello xhosa, e così via. Poi, l’antica tradizione locale di chi è insignito di comando e che si può riassumere ne “io so’ io e voi nun zete un c…” ha il sopravvento. Chi non ci sta può sempre andarsene via barcone. Anzi, se se ne va è meglio. Così, l’europeo (specialmente l’italiano) sborsa due volte: una in “aiuti” e l’altra per mantenere gli sbarcati.

Insomma, il problema dell’Africa sono gli africani, ed è inutile girarci intorno o tacciare il sottoscritto di razzista. Infatti, non lo dico io, ma, nel caso del Kenia, i vescovi locali, che sono africanissimi. La corruzione, dunque. E la fame di potere (è lo stesso) di tanti capi e capetti, cui le ecatombi che provocano non destano preoccupazione. A poco serve l’esortazione o i gesti plateali alla papa Francesco che bacia i piedi a certi leader africani. Guardate il Sud Sudan: ottenuta la (sanguinosa) indipendenza, eccoli a scannarsi tra loro per decidere chi deve comandare.

Come la si risolve? Ricordo Montanelli, quando impazzava l’ennesimo LiveAid. Disse: “I soldi dateli piuttosto a padre Gheddo”. Il quale era il decano dei missionari e conosceva bene i suoi polli. Mandare missionari – cristiani – in Africa ad educare la gente a pensare da occidentale. Grazie al cristianesimo e ai suoi missionari l’Europa sottosviluppata e barbara si sviluppò da sola nel Medioevo. Non c’è altra via.

Rino Cammilleri, 29 giugno 2024

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