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Il razzismo del comunismo cinese

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Quanto è inquietante il comunismo cinese che, mentre prova a rifarsi il trucco, non rinuncia ostinatamente al razzismo! Nel silenzio colpevole della comunità internazionale, gli africani residenti in Cina stanno subendo gravi maltrattamenti e discriminazioni. Non si tratta certo di un fenomeno nuovo, eppure per la prima volta il razzismo cinese non riesce ad essere insabbiato. Sia in Cina che nei Paesi africani che intrattengono rapporti economici con l’Oriente le denunce degli episodi iniziano ad affiorare. Succede così che inspiegabilmente il regime comunista di Pechino si trovi al centro di un incidente diplomatico senza precedenti, perché quanto stanno subendo gli africani residenti ha provocato la reazione di diversi Paesi.

Nella provincia sudorientale del Gouangdong, i nigeriani residenti a Guangzhou (Canton) sono stati improvvisamente trattati come untori e, nonostante fossero in regola con l’affitto, sono stati sfrattati da un giorno all’altro e spediti a dormire per strada perché rifiutati anche dagli alberghi, non ammessi dai supermercati, costretti ad abbandonare le camere degli hotel nel cuore della notte, minacciati di revoca dei permessi di soggiorno e di arresto. Quelli messi in quarantena – con test il cui esito non è mai stato comunicato – sono stati privati di assistenza e cibo.

Sono diventate famose le immagini del McDonald che all’ingresso ha affisso un cartello con su scritto: “Avviso: siamo stati informati che d’ora in poi le persone di colore non potranno entrare nel ristorante. Per motivi di salute, informare consapevolmente la polizia locale per l’isolamento medico, si prega di comprendere l’inconveniente causato. Polizia, Tel: 110”. Le persone di colore sono state tutte sottoposte a controlli forzati, riporta il Wall Street Journal. L’aggressione contro gli africani che vivono a Guangzhou è stata documentata nelle ultime settimane tramite video che riprendono la polizia cinese che li rastrella via dai loro alloggi. Le autorità locali hanno agito secondo un ordine ben preciso, senza alcuna preoccupazione delle potenziali accuse di razzismo e al mero scopo di allontanare gli africani considerati portatori del nuovo Coronavirus.

Niente di nuovo, lo ripetiamo. Basti pensare che è prassi per i benestanti cinesi rifiutare le famiglie di colore quando scelgono di mandare i figli a studiare negli Usa. Nel 1988, centinaia di studenti cinesi a Nanchino si ribellarono in segno di protesta contro gli studenti africani che osavano studiare in un’università locale. E tanti furono i neri rimasti feriti. Nel 2017, un alto funzionario del Partito Comunista Cinese si lamentò del fatto che la popolazione africana del Guangdong stava crescendo troppo e che la Cina stava cambiando da “Paese giallo a un Paese nero e giallo”.

Ora la pandemia ha solo esacerbato il razzismo di base. Sono tanti i cinesi che considerano i paesi africani e le loro popolazioni sporchi e “incivili”, e quindi sono convinti che gli africani abbiano maggiori probabilità di trasmettere il Coronavirus. Ma non si aspettavano che i video degli africani costretti a dormire per strada diventassero così virali. La CNN, dopo esser riuscita ad intervistare dozzine e dozzine di africani che vivono a Guangzhou, che hanno subito i medesimi abusi, ha provato a contattare le autorità sanitarie della provincia del Guangdong e l’Ufficio di pubblica sicurezza, ma senza ricevere alcuna risposta. E ha potuto appurare che lo stesso trattamento non è stato riservato ad altri stranieri, pur se contagiati.

In tanti hanno poi preferito rilasciare testimonianze in anonimato nel timore di subire rappresaglie dal governo cinese. Mentre sabato il consolato americano a Guangzhou ha avvertito gli afroamericani di evitare spostamenti in città. Tutti gli africani che sono stati prelevati per quarantene forzate e ingiustificate lontane dalle proprie abitazioni, hanno scoperto di essere diventati senzatetto da un giorno all’altro. E quelle a disposizione sono solo alcune delle gravi violazioni di razzismo, quelle che sono riuscite a trapelare nonostante la censura del regime.

Gli ambasciatori africani a Pechino hanno così redatto una nota congiunta indirizzata al Consigliere di Stato e ministro degli esteri Wang Yi e, per conoscenza, anche al presidente dell’Unione Africana, il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, e a tutti i ministri degli esteri africani, non solo per condannare il comportamento razzista nei confronti degli africani. Ma anche per denunciare la notizia che il regime comunista ha iniziato a diffondere, e cioè che il virus sia stato diffuso dagli africani. Intanto, non sono arrivate né scuse né alcuna presa di coscienza, solo un comunicato in cui in sostanza affermano di aver preso molto sul serio gli appelli che sono arrivati, e quindi stanno cercando di migliorare i loro modi [sic].

È la prima volta nella storia recente che la Cina finisce così al centro del mirino e che l’accusa di razzismo piombi sulla scrivania del regime. La propaganda del regime comunista di imporsi come potenza mondiale leader della salute e modello esistenziale vincente, trova, così, sempre più intralci. Quelli che non si aspettava dopo aver diffuso il virus: adesso le tradizioni e i comportamenti dei cinesi sono sotto una lente d’ingrandimento – anche se non hanno eco. E ad oggi solo l’Italia pende ancora dalle labbra di Xi Jinping. Troppi gli affari che legano il governo giallo-rosso a Pechino, da risultare impossibile immaginare una condanna di razzismo.
L’Italia è l’unico Paese dell’Unione europea ad aver sottoscritto un accordo che la stampa cinese ha celebrato come un successo geopolitico nazionale, già prima del Coronavirus.

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