Il razzismo subdolo del politicamente corretto

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Domanda: “Secondo voi, cosa distingue la lotta contro le discriminazioni del passato (contrassegnata da personaggi il cui spessore è riconosciuto da tutti, quali Martin Luther King, Muhammad Ali…) da quella attuale, scandita da slogan come Black lives matter, e da personaggi del calibro di Lewis Hamilton o, qui in Italia, Laura Boldrini, Michela Murgia, ecc… ?”

Deriva politically correct

Proprio nelle ultime settimane, sono avvenuti vari episodi, specialmente nel mondo anglosassone, che a mio parere risultano molto indicativi della deriva politically correct, di stampo sempre più orwelliano, a cui stiamo andando incontro. I primi due sono ormai noti a chi segue il calcio: prima quanto avvenuto nella partita di Champions Psg-Basaksehir, disputatasi circa un mese fa, durante la quale il quarto uomo rumeno ha osato chiamare “negru” (non offensivo, ma equivalente al nostro “nero”) un membro “coloured” della panchina della squadra ospite, provocando la furiosa indignazione dei giocatori, i quali abbandonarono il campo facendo rinviare la partita e che, quando la partita si è rigiocata il giorno dopo, si sono inginocchiati in sostegno al movimento terrorista dei Black lives matter (che non dimentichiamo che stanno mettendo a ferro e fuoco l’America da mesi, ovviamente rispettando scrupolosamente, nel mentre, le norme anti Covid…), nonché del noto paladino dei diritti umani, il presidente turco Recep Tayip Erdogan, che si è anche espresso a favore dei Blm.

In seguito, negli ultimi giorni, la Fa (la Football Association inglese) ha squalificato il noto calciatore uruguaiano Edinson Cavani per essersi rivolto sui social a un amico con l’espressione “gracias negrito” (nemmeno questa offensiva… anzi l’espressione “negrito” è un termine vezzeggiativo molto usato in Sudamerica): un fatto, quest’ultimo, ancor più ridicolo, tanto da provocare la reazione di moltissimi suoi colleghi, connazionali e non (e sappiamo bene quanto sia rarissimo trovare nel mondo del calcio e di tutto lo sport qualcuno che contraddica i dogmi della nuova “religione” del politicamente corretto), e perfino dell’ “Afu”, sindacato dei calciatori uruguaiani, che in un comunicato ha saputo smascherare tutta l’ipocrisia dei vertici della Fa, la cui sanzione, si dice, “rivela una visione distorta, dogmatica ed etnocentrista che non ammette altre letture se non quella che si vuole imporre”… e poi “pretendere che l’unica forma di interpretazione valida nella vita sia quella nella testa dei dirigenti della Fa è di per sé un atto veramente discriminatorio, totalmente riprovevole”.

La lezione di Muhammad Ali

Infine, last but not least, come direbbero diversi fautori dell’ideologia politically correct (non me ne voglia la maggioranza della popolazione inglese e americana che so bene che è totalmente estranea a tale modo di “pensare”), in un climax ascendente di comicità, ecco quanto successo al Congresso americano, in cui un deputato dem ha concluso una preghiera con la nuova formula “Amen-awoman”, per rispettare la parità di genere (leggenda narra che questo soggetto sia anche un pastore). A parte la comicità di tutto ciò, penso che anche questo episodio possa essere letto come la squalifica di Cavani: la volontà di interpretare ogni parola secondo un’unica chiave di lettura da ricondurre alla lingua inglese (o comunque occidentale), perfino se la parola in questione è ebraica: ecco il paradosso dell’“antirazzismo”, o in questo caso dell’ideologia femminista, odierna.

All’inizio citavo i veri eroi che combatterono le discriminazioni del secolo scorso, come il grande pugile Muhammad Ali, per sottolinearne la differenza con la melassa buonista del giorno d’oggi: e se oggi proprio lui, icona antirazzista per eccellenza, fosse considerato invece un “fasciosovranista”? Guardate questo video per credere, una sua intervista rilasciata al giornalista Michael Parkinson della Bbc nel 1971.

Parla dell’importanza di conservare le identità dei diversi popoli, delle diverse tradizioni, delle diverse culture: del resto, a chi taccerebbe di razzismo questo pensiero, ricordiamo che il multiculturalismo di cui tanto ci si riempie la bocca vuol dire proprio questo, e non l’omologazione di tutti i popoli… quello semmai è un “monoculturalismo” in cui, statene certi, a dominare sarebbe proprio quella stessa cultura che ha portato al caso-Cavani, alla formula “amen-awoman”, quella cultura che ci vuole tutti uguali, perfetti consumatori asserviti al commercio delle multinazionali. Viva la diversità, viva i confini, viva le identità nazionali!!

Achille Passarelli, 10 gennaio 2021

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