Il Recovery fund passa da bazooka a flebo

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Il vertice europeo si è rivelato un flop per il governo giallorosso perché la tanto decantata e imminente iniezione di liquidità si sta tramutando in una flebo con lo stillicidio di aspettative frustrate. Il premier Conte si limita a pronunciare le solite frasi insipide e generiche, attribuendo al Consiglio europeo, riunitosi in remoto, contributi positivi e «passi avanti nella maturazione del giusto clima». Dalle posizioni espresse dai Paesi “frugali” (Austria, Danimarca, Olanda e Svezia), che pongono ostacoli alle erogazioni a fondo perduto e pretendono rigidi controlli sulle modalità di spesa, le relazioni risultano acidule, altro che mature, smentendo l’ottimismo infondato dell’avvocato di Volturara Appula.

Si maneggiano le proposte del presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, i famosi 750 miliardi di euro del Recovery plan, come acquisizioni solide, mentre le proposte sono enunciazioni inserite nel perimetro delle eventualità che, per convertirsi in decisioni, devono sottoporsi ad un processo negoziale e raggiungere l’unanimità dei 27 governi. Il commissario europeo Paolo Gentiloni, così come gli esponenti eurolirici della maggioranza di governo, si sbilancia in un eccesso di euforia, descrivendo il progetto della von der Leyen «una svolta storica». Giubilare sulle mere proposte è un esercizio temerario a cui certa stampa, collaterale alla maggioranza giallorossa, ha partecipato con impulsivo ardore trionfalistico.

Gli euromiliardi ancora non sono stati bonificati nel bilancio pubblico e secondo quanto asserito da Angela Merkel per i fondi europei occorre attendere il 2021. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha recentemente invocato «risposte rapide e concrete sui fondi», ma si annunciano tempi flemmatici e i contenuti dei provvedimenti sono tutt’altro che delineati. Dunque, è immaginabile l’irritazione del Quirinale per l’appello ignorato. Esultare prematuramente non porta bene e il rischio è di eccitare aspettative che una volta tradite esasperano il clima di sfiducia verso l’Unione europea e un governo che si presenta sempre più inerte e sprovveduto. Nella maggioranza giallorossa continua a mancare una visione di ampio respiro e si conferma in un precario assetto di potere in cui coabitano istanze antitetiche camuffate da sintesi.

La genesi dell’alleanza innaturale fra i Dem e i Cinque Stelle si fondò sull’alibi della necessità superiore per sbarrare la strada del governo al nemico di turno additato come il male assoluto. Un’operazione fraudolenta che sclerotizza il pensiero, surrogandolo con le etichette preconfezionate di populista, nazionalista, xenofobo, etc.

Un governo gracile, nato per negazione in una esclusiva logica avversativa al leader della Lega Matteo Salvini, che sta logorando un intero Paese non può continuare a sottrarsi alle sue responsabilità, ma dovrebbe prendere atto della totale carenza di efficacia politica per restituire la parola ai cittadini.

Andrea Amata, 20 giugno 2020

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