Da ieri il redditometro agita la maggioranza di governo. Dopo essere stato abrogato nel 2018, il decreto ministeriale del 7 maggio, pubblicato in Gazzetta Ufficiale ieri e firmato dal vice ministro all’Economia Maurizio Leo, ripristina lo strumento di ‘accertamento sintetico’ che risale al reddito analizzando la capacità contributiva per gli anni d’imposta a decorrere dal 2016. La notizia mette sul chi va là sia Forza Italia che la Lega, da sempre contrari allo strumento. Nella serata di ieri, Leo ha precisato che non si tratta di un ritorno al “vecchio redditometro”, ma di “un atto dovuto” per evitare che la Corte dei Conti ipotizzasse un “danno erariale” per chissà quale bega burocratica. “Con il nostro decreto, siamo intervenuti per correggere una stortura che si è creata nel 2018, quando il Governo Conte 1 ha abolito il dm 16 settembre 2015, il cosiddetto ‘redditometro’, del Governo Renzi e aveva contestualmente stabilito che si dovesse emanare un nuovo decreto con dei paletti precisi a garanzia del contribuente, in modo da limitare al minimo il contenuto induttivo dell’accertamento, e privilegiando sempre il dato puntuale a garanzia del contribuente”.
La misura sarà oggetto di discussione nel Consiglio dei Ministri di venerdì. Ed è probabile che verrà cestinata, bisogna capire come. Secondo Leo si potrebbe anche eliminare del tutto, se la maggioranza approvasse una legge, ma “quelli che hanno fatto le truffe del Superbonus, facendo sparire 1516 miliardi, come li becchiamo senza redditometro?”. Tajani è favorevole a cancellarlo perché “é uno strumento superato” e “non funziona”, quindi venerdì in Consiglio potrebbe presentare una proposta per abrogarlo. Meloni, dal canto suo, stamattina ha chiuso la porta ad un “Grande Fratello fiscale”: in queste ore si confronterà “personalmente con il Vice Ministro Leo”, chiamato a riferire in Cdm, e “se saranno necessari cambiamenti sarò io la prima a chiederli”.
Qui sotto, il commento di Nicola Porro.
È notizia di giornata che il governo sta valutando se rimettere in piedi o meno il redditometro. Ve lo dico subito: è una gigantesca cazz***. Questo è un governo che ogni tanto, nonostante abbia come vice ministro un grande tecnico come Leo, fa degli scivoloni. Sì perché questa roba di rimettere in piedi il redditometro è una gigantesca cazz***, soprattutto se fatta da un governo che si promette di non aumentare le imposte.
Il redditometro è una vecchia misura che nasce 30 anni fa, poi sospesa ma non cancellata nel 2018. È proprio per questo che è stato reintrodotto: la Corte dei Conti ha infatti bacchettato il governo dicendo che non si può avere uno strumento di questo tipo senza usarlo. Al solito, non si capisce mai chi faccia politica in Italia fra Corte dei Conti, magistrati o politici. Ad ogni modo, Leo in sostanza dice in una serie di dichiarazioni che per questi motivi il governo è stato portato a reintrodurlo in una versione “più comprensibile e meno invasivo“. Sono sicuro che questo l’avrà fatto Leo, conoscendo il suo stile, ma il punto è un altro. Il punto fondamentale è il principio per il quale il redditometro giudica i comportamenti dei cittadini e, in base a questi, assume che certi godano di un reddito maggiore da quello che dichiarano. Quindi cosa succede? Si inverte l’onere della prova.
Facciamo un esempio: se Porro gira con la Ferrari, compra Don Perignon e va alle Maldive, ma dichiara zero, è logico che debba in qualche modo dimostrare come fa a fare questa vita. Il redditometro è quindi uno strumento che funziona quando questa specie di eccesso è straordinariamente chiaro e lampante a tutti noi. Diverso è il caso in cui delle persone normali, che vanno alle Maldive una volta nella vita, sono chiamati a dimostrare per quale motivo hanno avuto un tenore di vita ritenuto al di sopra delle loro possibilità. Il fatto che un cittadino viva leggermente al di sopra delle proprie possibilità si traduca in una presunzione di evasione è una cosa mostruosa.
Nicola Porro, dalla Zuppa di Porro del 22 maggio 2024
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