Cronaca

Il regalo di Fazio a Zaki: lo salva da una figura barbina

La missione del conduttore è possibile, ma impegnativa, una e trina: salvare il Pd, salvare lo Zaki ma, soprattutto, salvare se stesso

È un periodo che grandinano notizie, arrivano da tutte le parti, da destra a sinistra, una cornucopia, una dentro l’altra. Un clamoroso caso di notizia a Matrioska è il seguente: Patrick Zaki, con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così che abbiamo noi che stiamo con Hamas, ha fatto un libro. Ripeto, Zaki ha fatto un libro; in italiano, per giunta, lui che non ne spiccica una sillaba; lo va a presentare in anteprima mondiale, ecco la quarta, da Fabio Fazio (ovviamente); il quale torna tra i discepoli e i miscredenti essendo resuscitato dopo il “martirio”, e facciamo cinquina; per ripresentarsi, su La9, si occupa di Israele e Palestina, tombola. Vi basta? Naturalmente la missione di Fazio è possibile ma ardua: deve fare il pappagallo del Piddì e non c’è uomo più adatto perché il Pd, sul punto, ha una coda di paglia che non finisce più, è di una ipocrisia che manco i gesuiti: ufficialmente stanno con Israele, ma tutti sanno che dietro il paravento sono fatalmente attratti dall’Intifada. Tutti: dalla Schlein a Furfaro, dalle sardine, che con certi personaggi hanno inquietanti rapporti, alla costola verde, dai mandarini D’Alema, Bersani, eccetera, alla nomenklatura attuale in transito.

Anzi, sugli inconfessabili ardori per le bestie di Hamas si gioca la partita elettorale coi grillini, che su certe liaison sono secondi a nessuno, il che emerge ogni giorno con rinnovata evidenza. Pertanto si tratta di andarci felpati, sulle uova, a forza di “sì, ma, però, beh, bih”, sbilanciarsi mai, dire qualcosa di definitivo mai, stare con tutti, con le ragioni di tutti, ma alla fine non compromettersi per nessuno e rifugiarsi nella retorica da usato sicuro: i due Stati, la convivenza, no alle ritorsioni, condannare ma comprendere, non giudicare, non trarre conclusioni affrettate, cavarsela riferendosi sempre alla pace, pace, pace, pace arcobaleno, pace militante, pace alla don Ciotti, pace paracula. Vedrete che chez Fazio non sentirete una sillaba sull’orrore di quella schiuma disumana che macella e decapita bambini, tanto per dirne una. Vedrete che, se la seguite, uscirete dalla trasmissione con un inevitabile retrogusto di insofferenza per Israele e di comprensione per Hamas. Si accettano scommesse. Insomma, o Fazio o mai più: lui in queste cose pretesche è il migliore e sa cosa fare.

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Tanto lo sa, che, e qui, scoperchiate tutte le Matrioske, siamo alle appendici di notizie, il conduttore martirizzato ha deciso, in modo sorprendente ma non troppo, di segare il Patrick già “schedulato”, che parola sgradevole, ma trattandosi di certi soggetti ci va a pennello. Dice il pretino rosso all’Ansa: Siccome è scoppiata la guerra in Israele ho cambiato la prima puntata, sto facendo una puntata ovviamente su Israele e Palestina e ho chiesto la cortesia a Elisabetta Sgarbi di spostare di una o due settimane il libro di Zaki. Non aveva senso non trattare l’attualità, visto quello che è successo e parlare di una cosa che è rinviabile di otto-dieci giorni. Tutto qua, siamo già d’accordo così“.

D’accordo così. Cioè faccio quello che pare a me e soprattutto al Piddì e concordo con me stesso. In realtà le dichiarazioni del milionario ligure stridono come chi si aggrappa ai vetri insaponati con gli artiglietti cosparsi d’olio: la contraddizione, palpabile, evidente, è proprio questa, avere a disposizione un supplemento di attualità e farne a meno; c’è già pronto lì un bambascione che twitta in favore di Hamas come se non ci fosse un domani, e invece si rinuncia a interpellarlo. Ma non è una contraddizione, o meglio, se lo è sul piano logico e giornalistico amen, l’importante è risparmiare casini alla casa madre. Che poi sarebbe la ragion d’essere del Fazio in tv, quale che sia il network. Meglio chiamare un po’ di professorini, di filosofetti, di intriganti sparsi, più capaci di esprimere solidarietà ai terroristi ma sempre in quel modo fumoso, cialtrone, comunista.

Lo Zaki, che tanto furbo non sembra essere, va tenuto in frigorifero e scongelato a tempo debito, e dopo un opportuno corso di rieducazione, questo lo puoi dire, ragazzo, questo no. Troppo imbarazzante la sua propaganda pro macellai palestinesi, troppo scoperta, troppo da liceale canne & deliri mai cresciuto. Troppo grottesca da un egiziano riscattato dall’Italia. Se n’è accorto subito l’ad della Rai Roberto Sergio, che al perseguitato d’oro non le ha mandate a dire: Quando si va via per scelta economica non si può dire che l’azienda da cui vai via ti avrebbe condizionato e parlare di censura. Mi pare che l’autocensura se la sia fatta da solo nel programma che deve partire la prossima settimana, non la Rai“.

E insomma è dura la vita se ti chiami Fabio Fazio: guadagni un botto, cambi network e incameri ancora di più, per giunta con l’aura del lapidato meditatico (a gragnuole di pepite, però), ma devi stare sempre sul chi va là, mai un attimo di pace, il partito ha le sue ragioni che la ragione non conosce (e la decenza, qualche volta, neppure). La missione di Fazio è possibile, ma impegnativa, una e trina: salvare il Pd; salvare lo Zaki; ma, soprattutto, salvare se stesso. Puah.

Max Del Papa, 11 ottobre 2023