Finché capita agli altri. C’è un personaggio pubblico, controverso finché si vuole, sopra le righe finché si vuole, che sta morendo lentamente o meglio lo stanno uccidendo pezzo a pezzo. Si chiama Daniela Martani, già confezionata come nazi-trattino-vegana, pasionaria, negazionista e chi più ne ha più ne lapidi.
Vittima del pandemicamente corretto
È quella che la scorsa estate è stata azzannata perché stava in Sardegna, poi perché ha rifiutato di mettersi la mascherina chiusa in macchina da sola mentre s’imbarcava su un traghetto, poi perché non accoglie la Grande Narrazione Unica per cui di Covid moriremo tutti, e, se uno è già trapassato, morirà per la seconda volta. Prima la invitavano in televisione come agnello sacrificale, poi non l’hanno invitata più, poi l’hanno rimossa da una radio, poi hanno cominciato a mangiarsela un po’ alla volta sui social: il suo profilo Facebook privato ormai da anni funziona un giorno sì e un mese no, appena riapre subito scatta una nuova censura, l’ultima per avere scritto che se i cittadini non si oppongono alla privazione di ogni libertà, detta con disinvoltura lockdown, allora meritano di subire. Quindi hanno bloccato la sua pagina pubblica.
Poi è calata la mannaia di Twitter: è bastato un commento sui deliri dell’immunologo Massimo Galli in preda a libido vessatoria: “Staccategli la spina”. L’hanno staccata a lei. Poi l’hanno riammessa ma 12 ore dopo l’hanno ancora bloccata: aveva risposto a una covidiota che, se ha così paura di tutto, allora non vale neppure la pena di mettere il naso fuori di casa. Twitter fa così. Ti blocca per gradi e, alla terza volta, ti cancella, ti elimina, come è successo a chi scrive. Se sei dalla parte sbagliata, s’intende.
Così un personaggio pubblico, che vive anche di proiezioni social, è stato rimosso col pretesto della politica aziendale laddove ci sono altri personaggi pubblici, però dalla parte giusta, che possono aggredire, insultare, minacciare, arrivano a manipolare i cadaveri, i caduti di virus per le loro polemiche egoriferite: nessuno li disturba, nessuno li blocca e si moltiplicano su tutti i canali, tutte le emittenti, tutte le testate. Sono i difensori dei Ranieri Guerra, i paladini del terrorismo sanitario, quelli che tengono i cosiddetti negazionisti in fama di squilibrati, di diversi, di sottouomini; quelli che teorizzano, non dovete parlare, e se vi ammalate il vostro dovere è di lasciarvi crepare senza nulla chiedere. E lo dicono e lo ripetono apertis verbis, sui social, ovunque.
Sono quelli, quelle, che soffiano sul negazionismo peloso. Se la Verità ricostruisce la testimonianza agghiacciante di una grillina scomparsa due anni fa, in cui si assumeva il ruolo decisivo delle grandi compagnie farmaceutiche e delle società di lobby internazionale nel dirottare senso e utilità della pandemia, ecco partire i soliti avanguardisti con il preciso ruolo di guastatori: mandati a soffocare lo scandalo, a gracchiare contro chi sospetta o si accorge.
Censori democratici
Alla nostra Daniela è capitato di tutto, perfino di incappare in vere e proprie minacce di stampo autoritario: lei ha pubblicato un video in cui, fermata a Roma da una pattuglia di vigili urbani romani, si sente apostrofare: “Che ha, signorina? La vedo agitata. Non si sente bene. Vuole che chiamiamo un’ambulanza?”. Siamo alla provocazione scoperta, all’avvisaglia del ricovero coatto, qualcosa che è già capitato in Germania, in Inghilterra. Daniela non è un caso isolato, è il velo che cade sulle ipocrisie virtuose dei censori democratici; è quello che siamo, ognuno di noi, quando non accetta la Grande Narrazione e cita i dati, e non nega un bel niente, se mai pone domande, questioni. Ciascuno a suo modo, ma tutti sorvegliati e impediti allo stesso modo e sempre di più. Che hai? Non stai bene. Vuoi finire internato? Intanto ti cancelliamo dal mondo virtuale, che virtuale non è. Ti cuciamo addosso un vestito di follia e di irresponsabilità.