Il 16 agosto 2022 è morto Antonio Pilati, formidabile intellettuale e uno dei miei più cari amici.
Scrivere di un preziosissimo libretto Mitologie italiane (edizioni Luiss) firmato da Pilati e Riccardo Pugnalin è un modo che mi sembra opportuno per ricordare Antonio, anche perché in questo rapido scritto che qui esamino c’è tanta della sua incontenibile passione civile.
La tesi di fondo di Mitologie è che uno Stato privo di adeguate basi popolari, anche per la rottura nella sua formazione tra élite piemontesi e Chiesa, abbia dovuto produrre miti che sopperissero a quella visione nazionale diffusa che le società hanno bisogno per tenersi insieme.
Gli autori parlano appunto di “mitologie” non di “ideologie” che richiedono più precise visioni prospettiche: si allude quasi a una sospensione di un punto di vista realistico, sostituito da suggestioni che possano impressionare l’opinione pubblica ma che finiscono per ostacolare la ricerca di un ruolo concreto dell’Italia negli equilibri internazionali.
Così l’Italia tra il 1861 e il 1943 ha cercato, dopo i successi della straordinaria capacità diplomatica di Camillo Benso di Cavour che costruisce l’unità nazionale, di fondarsi sul mito della superiorità della civiltà romana (dall’impero al Rinascimento) un mito che ha finito per alimentare una sostanziale postura aggressiva, non ha saldato élite e popolo, non ha allargato le basi dello Stato, ci ha fatto correre sconsolanti avventure coloniali, portandoci nella Grande guerra e poi al fascismo e alla Seconda guerra mondiale.
Dopo il ’45 è ancora la situazione internazionale gestita da uomini di grandi capacità, da Alcide de Gasperi a Bettino Craxi, pur attraverso travagliare vicende, che consente all’Italia di esercitare un ruolo rilevante a livello internazionale, ma non di dare basi solide a uno Stato che finita la disciplina che gli dava il contesto globale entra, con Mani pulite, in un profondo stato di crisi. Stato di crisi che secondo Pilati e Pugnalin viene sostituto da un secondo mito: quello di un’unificazione europea che è in grado di risolvere tutte le nostre contraddizioni nazionali. Appunto un nuovo mascheramento della realtà che sostituisce una visione concreta dei fatti (gli elementi positivi dell’unificazione continentale) con la fantasia di una istituzione ben fondata sui rapporti di forza interni e non su un’idilliaca ricerca di un bene comune.
Devo confessare che al di là degli argomenti chiari e intelligenti che ho provato a richiamare in queste brevi note, Mitologie italiane mi ha emozionato perché – mi scuso con Pugnalin se rischio di sottovalutare il suo contributo pure evidente- mi è sembrato leggendo di riprendere le lunghe chiacchierate che due o tre volte alla settimana, spesso telefonicamente, avevo con Antonio. Mi è sembrato di ritrovare il gusto del cercare le lunghe radici delle questioni che abbiamo di fronte, un gusto particormanete caro a un intelletuale peraltro particolarmente impegnato a spiegare le evoluzioni più moderne della digitalizzazione della nostra società. Ma consapevole come il futuro non si costruisce senza consapevolezza del passato.
Lodovico Festa, 16 agosto 2023