La proposta leghista di reintrodurre una leva militare obbligatoria, al di là di qualsiasi ragionamento pro e contro, mi sembra l’ennesimo tentativo, da parte di Matteo Salvini, di invertire una tendenza che lo sta inesorabilmente spingendo verso una certa irrilevanza politica.
Sebbene la proposta appare assai più morbida rispetto al vecchio servizio di leva – con una durata di 6 mesi e su base regionale, salvo particolare richieste avanzate dai coscritti – essa appare veramente fuori dal mondo. Fuori dal mondo innanzitutto per il fatto che, dittature medievali a parte, da tempo gran parte delle forze armate del pianeta hanno scelto la strada degli eserciti professionali, con effettivi ridotti ma tecnologicamente molto avanzati e con una potenza di fuoco, se così vogliamo dire, pro capite incommensurabilmente superiore a quella del singolo soldato di alcuni decenni addietro. Tant’è che un solo fante di un qualunque esercito occidentale, ben armato e addestrato a dovere, è in grado di infliggere colpi micidiali anche a bersagli importanti, come carri armati, elicotteri o aerei supersonici.
Quindi, essendo presente nella proposta l’opzione per il servizio civile, resta sul piatto della realtà ciò che il leader della Lega ha dichiarato il 12 maggio scorso durante il raduno degli Alpini a Vicenza: “È una grande forma di educazione civica, con persone che si possono dedicare al salvataggio, alla protezione civile, al pronto soccorso, alla protezione dei boschi da svolgere vicino a casa. Una volta uno di Udine andava a Bari, e quello di Bari lo mandavano a Udine, dovendo lasciare studi e lavoro. Non sarà più cosi, si farà vicino a casa”.
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Ma su quest’ultimo, discutibile aspetto, la risposta laconica del ministro della Difesa, il pragmatico Guido Crosetto, non sembra lasciare molto spazio al militarismo regionalista di Salvini: “Le forze armate non possono essere pensate come un luogo per educare i giovani, cosa che deve essere fatta dalla famiglia e dalla scuola” .
Tuttavia, è sul piano dei costi che l’intera operazione non sta in piedi. In tal senso, già schiacciati dall’esigenza di aumentare le spese militari, nella prospettiva di una difesa europea integrata, sotto la spada di Damocle di un bilancio pubblico sempre in precario equilibrio, non si comprende dove i proponenti pensino di reperire le ingenti risorse aggiuntive per finanziare la leva di massa.
Per dirla tutta, avendo chiuso il 2023 con un mostruoso deficit/Pil del 7,4%, ancora troppo alto per la sostenibilità di un debito pubblico che viaggia spedito verso i 3.000 miliardi di euro, la onerosa proposta presentata alla Camera dalla Lega, con Eugenio Zoffili come primo firmatario, mi sa tanto di calcio politico alla lattina sferrato in zona Cesarini, nel campionato elettorale europeo che si giocherà l’8 e il 9 giugno.
Claudio Romiti, 21 maggio 2024
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