Politica

“Il salario minimo non vi salverà”. Parola di un sindacalista

Il saggio pungente di Savino Balzano che mette in fila tutti i motivi per cui la proposta della sinistra non sta in piedi

salario minimo © Enlur e Sirapol tramite Canva.com

Il salario minimo non vi salverà: questo è il titolo del saggio pungente di Savino Balzano, con prefazione di Lidia Undiemi, edito dalla Fazi Editore e appena sbarcato in libreria. È tutto un programma e colpisce il fatto che anche dalla prospettiva del sindacalista (l’autore è appunto un rappresentante dei lavoratori) si alzino critiche rispetto alla proposta avanzata dalle opposizioni.

Le ragioni che l’autore avanza per contrastare l’ipotesi di un salario minimo legale sono diverse: politiche, economiche, sindacali, financo storiche. Alla base c’è però una considerazione di fondo: se è vero (e lo è) che le retribuzioni in Italia non crescono, il salario minimo legale non è lo strumento per risolvere il problema, dal momento che la stragrande maggioranza dei lavoratori è già tutelata da una contrattazione collettiva che garantisce standard superiori a quelli eventualmente introdotti dal salario minimo legale.

Affidare alla politica e al suo arbitrio la possibilità di determinare il salario minimo di volta in volta significherebbe inoltre, sempre secondo l’autore, firmare una cambiale in bianco in favore della politica stessa: quella che, con le sue scelte, ha determinato proprio la difficile situazione nella quale versano lavoratrici e lavoratori italiani. La stessa politica che si sentirebbe legittimata a modificarlo, e magari ridurlo, in situazioni presentate via via come “emergenziali”.

Nel testo, Balzano spiega inoltre che un intervento legale sul salario minimo risulterebbe meramente “sovrastrutturale”. “Non si può prescindere dall’economia – scrive – dalla struttura del nostro mercato del lavoro, dalla totale assenza di investimenti e misure espansive, dalla strutturale disoccupazione che ha di fatto comportato il crollo del potere contrattuale dei lavoratori italiani. Quando l’economia va bene, i salari crescono anche senza la previsione di un salario minimo per legge: bisogna far ripartire gli investimenti, rilanciare l’economia reale del Paese, per creare nuove opportunità di buona occupazione e per restituire centralità al mondo del lavoro in un mercato che oggi è antagonista e sfavorevole nei confronti delle persone che vi si approcciano.”

Il punto è, e qui il cortocircuito che denuncia l’autore, che chi oggi propone un salario minimo legale non ragiona affatto sulle cause che hanno comportato il crollo del potere d’acquisto delle nostre retribuzioni. Spera di risolvere tutto con un colpo di bacchetta magica, con una “leggina” votata in Parlamento. E allora la domanda sul doppio senso del titolo del libro sorge spontanea: chi intende provare a salvarsi con una legge sul salario minimo legale? Forse quei partiti che, abbracciando il Moloch dell’austerità made in Bruxelles, hanno di fatto indotto l’avvizzimento della nostra economia, il crollo della buona occupazione e conseguentemente dei salari?

Il salario minimo legale non è un bene o un male di per sé, questo quanto emerge dal testo di Balzano: dipende da quelle che sono le caratteristiche del sistema economico e del mercato del lavoro nel Paese. In un contesto favorevole, scrive l’autore, può fungere tra trampolino; viceversa (e questo sarebbe il caso dell’Italia), potrebbe trasformarsi in una trappola, in una zavorra per tutte le retribuzioni oggi al di là della soglia che si vorrebbe introdurre come minima.

Resta ovviamente il tema del lavoro oggi non protetto dalla contrattazione collettiva e anche per questi lavoratori Balzano non immagina un salario minimo legale come salvifico: prima di tutto è un mondo inquinato da una grossa fetta di lavoro nero, sul quale la legge non produrrebbe effetti significativi; in secondo luogo il rischio  è quello di voler ammazzare la mosca col fucile, dal momento che il rafforzamento della (sana) contrattazione collettiva potrebbe risolvere il problema senza pregiudicare il destino di tutti coloro i quali oggi già si vedono riconosciuta una retribuzione superiore a quella che si vuole proporre per legge.

Salvatore Di Bartolo, 2 marzo 2024

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