“Rinunciammo a cercare di accordarci fino in fondo. Sulle cose più semplici, soprattutto per quanto riguardava i figli, ognuno rimaneva della sua idea. Quando io adesso mi ricordo delle mie idee, su cui insistevo tanto, mi accorgo che non ci tenevo poi molto, non tanto da non poterle cambiare: ma lei era di idea contraria, e cambiare le mie idee significava cederle. Non potevo farlo. Anche lei. Lei, a dire il vero, pensava di avere sempre perfettamente ragione nei miei confronti, e io, ai miei occhi, ero sempre un santo”.
“Eravamo entrambi sempre occupati. Sentivamo entrambi che, tanto più eravamo occupati, tanto meno potevamo essere cattivi l’uno contro l’altro”.
“Eravamo due ergastolani che si odiavano a vicenda, legati da un’unica catena, che si avvelenavano la vita, ma cercavano di non accorgersene”.
La sonata a Kreuzer di Tolstoj scortica le apparenze di un matrimonio come tanti in cui la realizzazione del singolo sembra costantemente minacciata dall’altro in un crescendo inarrestabile di tensioni. Eppure, quando l’avrà uccisa, mosso da una gelosia folle, la sua individualità finalmente libera, risulterà fiacca, amareggiata, forse addirittura pentita. Il grande potere della letteratura ci permette di vivere esperienze intense e incredibili, tra queste anche ascoltare le ragioni di Pozdneyšev, stando lì seduti accanto a lui su quel treno, di accompagnare l’omicida dall’inizio alla fine e di vivere la sua tragedia intimamente per poi uscirne, allontanandocene, purificati.
Pozdneyšev uccide il suo “ostacolo”, ma l’epilogo si rivela tutt’altro che liberante e si rende conto, solo alla fine, del suo peccato di orgoglio, di un’alternativa possibile mai vagliata. Il matrimonio è un’istituzione vecchia quanto il mondo che la Chiesa ha reso sacramento. Lo scontro di due limiti che si combattono o l’incontro di due orizzonti che si fondono? Difficile questa seconda opzione, nel tempo, se il comportamento umano non comunica con quello più divino, se l’alto non raggiunge il basso. È un dono prezioso affidato alla libertà dei coniugi con i loro limiti e le loro cadute, ma che richiede la disponibilità nel condividere anima e corpo, oltre le parole. Per sempre. Qualcosa che non si può afferrare se non con l’arguzia dell’ironia.
Lino e Lucia hanno trascorso insieme 70 anni della loro esistenza, superando sacrifici e sofferenze, senza mai lasciarsi la mano. Questo contatto di due esseri che si donano senza riserve è uno dei miracoli d’amore più belli raccontati negli ultimi tempi. Lei non c’è più fisicamente, ma il loro dialogo, il loro contatto è vivo, quasi tangibile, un intreccio di spirito e materia che provoca una gioia inaspettata, così desiderabile da commuoverci. “In questi giorni faccio tanta confusione, devo mettere ancora a posto le cose” racconta Banfi in un’intervista del 5 marzo scorso. “Ho prenotato sei giorni fa di parlare con Dio. Il turno era lungo, c’erano 8 miliardi di persone in fila. Di solito si dice che ognuno di noi ha un angelo. Ho però chiesto se me la date mia moglie Lucia come angelo custode, così la sento più vicina”.
In questo dialogo misterioso tra moglie e marito, tra cielo e terra, tutte le pagine squadernate della vita si rimettono a posto e non c’è più limite che possa ferire.
Fiorenza Cirillo, 23 marzo 2023