Il significato autentico del Natale è uno solo

L’uomo ha reso questo giorno un corollario di significati, quasi dimenticandosi il valore spirituale dell’incarnazione del Figlio di Dio

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Suor Anna Monia Natale

Checché se ne dica, il significato autentico del Natale è uno e uno solo ed è quello di chi crede: l’incarnazione del Figlio di Dio. Questo è il Natale. Un evento, per giunta, che si realizza secondo due categorie particolarmente invise alla società odierna: la povertà e l’oblio. La povertà di una donna che partorisce il proprio figlio in un rifugio per animali, la povertà della mangiatoia, la povertà del freddo, la povertà dei pastori, l’oblio di una regione remota dell’Impero romano, la cui popolazione era particolarmente ostile agli occupanti, l’oblio cui sono sottoposti gli ultimi della società, in qualsiasi luogo, in qualsiasi epoca. Questo è il Natale.

Tutto ciò che è stato costruito, dagli uomini, attorno a questo evento, è un corollario di significati, alcuni sicuramente belli, ma un corollario rimangono. Per questo, in mezzo al tripudio delle luci artificiali (le stesse luci sfolgoranti che hanno illuminato a giorno, in modo del tutto inopportuno, le volte gotiche della cattedrale di Notre Dame in occasione della sua inaugurazione) si rischia di non vedere quella che per chi crede è la vera Luce che illumina la notte, una luce che rischia, però, paradossalmente, di non essere notata, perché illumina la notte dei pastori, degli ultimi, dei dimenticati, dei reietti dalla società.

Chiarito il significato autentico del Natale, non posso evitare di pensare che noi tutti, anche chi non crede, riceviamo dall’autentico messaggio del Natale un significato profondo che è poi quello dell’apertura alla vita, quindi alla responsabilità, quindi al cambiamento. Diversamente, se ci soffermassimo solamente alla gioia, pur bella, per lo stupore delle luci e dei doni ricevuti, vivremmo una festa qualunque, ma non il Natale. E poiché la nascita di quel Bambino ha cambiato la storia del mondo, non foss’altro perché da quella nascita noi contiamo i nostri giorni, vivere la gioia del Natale vuol dire impegnarsi per il cambiamento, un cambiamento verso il vero bene dell’uomo. Noi sappiamo che la vocazione al cambiamento è la nostra vocazione primigenia in una società che non solo è dimentica di Dio ma è, soprattutto, dimentica dell’uomo.

Eppure incarnatus est. Questa incarnazione, che uno creda o non creda, rimane a perenne monito al cambiamento, una chiamata generale ad innalzare i nostri sguardi, sollevandoli dalle piccole, e spesso meschine, prospettive del nostro quotidiano, puntando in alto. Duc in altum! Credo che il mutamento di tutte le cose sia uno tra i significati più belli del Natale, perché intercetta il desiderio insito nell’uomo a fare ciò che egli sente essere e corrispondere al vero bene. La nascita del Figlio di Dio non solo induce al cambiamento ma chiama ad una responsabilità, ad una scelta. Il Bambino nasce ma non porta la pace: il giorno dopo il Natale la Chiesa ricorda Stefano, il protomartire, e, tre giorni dopo, i bambini innocenti che furono uccisi per volontà di Erode. È una nascita che chiama ad una scelta: o da una parte o dall’altra.

Cambiamento, responsabilità, scelta: questi sono i significati, in aggiunta a quello autentico, del Natale. Non voglio certo negare la bellezza dei doni, dello stare in famiglia, dell’allegria: ma questa bellezza non è compresa e non è vissuta pienamente se si dimentica ciò che realmente è il Natale. Buon Natale a tutti!

Suor Anna Monia Alfieri, 25 dicembre 2024

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