L’Italia con le sue bellezze e il suo patrimonio sta cadendo in mani straniere. Ecco la tesi del nuovo libro di Mario Giordano. Per gentile concessione dell’autore, un estratto da L’Italia non è più italiana. Così i nuovi predoni ci stanno rubando il nostro Paese, libro di Mario Giordano, uscito da poco per Mondadori. Per una settimana, tutte le sere, sul nostro sito troverete un teaser, una piccolo boccone del libro appena uscito. Ecco la quarta puntata.
«Le due fabbriche ci sono ancora.» Dove? «Fuori Tortona.» E di chi sono? «Una francese, una austriaca.» E quella sul lago Maggiore? «Ah, lì ci sono gli americani.» E ad Anagni? «Anche lì i francesi.» Sembra di stare a giochi senza frontiere. «E non dimentichi i finlandesi. E i turchi.» Vittorio Ghisolfi ha 88 anni, e gli occhi limpidi di chi ha attraversato la storia. Ha fondato la sua azienda nel 1953, quando aveva 23 anni, sull’orto di quello che doveva diventare suo suocero. È arrivato a essere un gigante della chimica mondiale. E se c’è una cosa a cui tiene sopra ogni altra è dire che lui, in oltre sessant’anni di attività, non ha mai licenziato nessuno. Le fabbriche che ha aperto sono ancora tutte lì. Però su ognuna di loro sventola la bandiera di un conquistatore straniero. «Io non sono nazionalista» dice. «Però nella chimica l’Italia era prima. Perché si è fatta portare via tutto?»
Già: perché l’Italia si è fatta portare via tutto? A questo punto del viaggio sento il bisogno di incontrare uno dei nostri imprenditori del miracolo, uno di quelli che hanno fatto grande questo Paese e che adesso ne osservano malinconici il declino. Vado a Tortona, in provincia di Alessandria, a trovare Vittorio Ghisolfi, o meglio il «signor Vittorio», come qui lo chiamano tutti. Anche se tutti, ormai, è una parola troppo grossa: dentro il quartier generale della Mossi & Ghisolfi sono rimasti in pochi a lavorare, solo quelli che seguono le pratiche per il concordato preventivo. «Siamo partiti su un orto di mille metri quadrati, siamo crollati su un impianto da un milione di metri quadrati» dice. L’impianto è quello di Corpus Christi in Texas. Troppo grande. Troppo ambizioso. La crisi finanziaria ha travolto tutto. E il più grande gruppo chimico italiano dopo l’Eni è finito all’asta. «Guardi qua» dice il signor Vittorio. E mi mostra un po’ di numeri per spiegare la sua amarezza. Come se ce ne fosse bisogno.
Il signor Vittorio è uno di quegli italiani che hanno costruito l’Italia. A 88 anni va ancora in ufficio tutti i giorni, guidando la sua 500. «Mai avuto un autista» mi dice. E perché? «È inutile.» È sempre stato all’avanguardia…
Mario Giordano, L’Italia non è più italiana. Così i nuovi predoni ci stanno rubando il nostro Paese
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