Il silenzio degli innocenti

Aumentano i casi di violenze e sevizie nei confronti degli animali. Protagonisti degli episodi i giovani che restano impuniti

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ragazzo getta gatto

Beati coloro che hanno una voce. Se gli animali che vediamo ormai sempre più di frequente cadere vittima dell’inaudita quanto insensata crudeltà giovanile avessero delle voci simili alle nostre, non basterebbe l’intero cielo a contenere il grido del loro dolore. Un dolore muto o quasi, e che per questo sembra meno struggente alle nostre orecchie. Alcuni recenti casi di cronaca riguardanti le sevizie inferte da ragazzini verso animali inermi ci colpiscono come un pugno allo stomaco e ci riportano, con drammatica efficacia, alla squallida realtà quotidiana.

Una realtà che vede una generazione di ragazzi sempre più incline verso la barbarie che verso quella società progressista e tollerante che tanti dei loro coetanei desiderano ardentemente. Su questo sito abbiamo raccontato (per primi) la storia dell’agnellino seviziato e lasciato morire dagli “studenti” della scuola agraria di Fabriano, nelle Marche. A tale tragica vicenda possiamo aggiungere la bravata di un gruppo di ragazzini in Sardegna, i quali hanno lanciato da un ponte un gattino grande quanto il pugno di chi lo lanciava, filmando il tutto e postandolo sui social a guisa di uno scandalizzato pubblico.

L’ultima sadica trovata ha per sfortunati protagonisti dei gabbiani. Siamo a Napoli. Il solito manipolo di giovanissimi ha pensato bene di gettare in mare dei pezzi di pane per attirare i gabbiani, farli posare sull’acqua per poi tuffarcisi sopra a peso morto. Sempre a favore di video social chiaramente. A rimetterci la vita è stato uno dei poveri volatili, evidentemente schiacciato dal peso di uno dei tuffatori. Come non ricordare poi la capretta di Anagni, uccisa a forza di calci, pensate, durante una festa di compleanno per i 18 anni.

Alla violenza nei confronti degli animali in società si dà solitamente poco peso, considerandola come una sorta di rito di passaggio ineliminabile verso l’età adulta. Poco più che una bravata. E come tutte le bravate, dopo l’inevitabile reprimenda, finiscono nel dimenticatoio. Se negli Stati Uniti fare del male ad un animale senza motivo è la spia di una possibile personalità sadica, da noi tutto si esaurisce in una condanna formale, specie se i carnefici sono minorenni come in molti dei casi raccontati. Ovunque, in particolare nelle scuole (come quella di Fabriano ad esempio) a seguito di simili azioni cruente si parla di educazione, rieducazione e necessità educative. Parole difficili da accettare se messe a confronto con la crudeltà di simili gesti.

Una scuola che non educa non può “rieducare” perché alla base non c’è nessuna educazione da ricostruire. E se le scuole ormai somigliano sempre più a dei “parcheggi” ove far sostare gli ingombranti ragazzini durante l’orario lavorativo dei genitori, anche la tanto decantata istituzione familiare non se la passa certo bene. Se anziché riflettere solo sulle tematiche concernenti l’identità sessuale, il gender, la non-binarietà, si accompagnassero i giovani e giovanissimi scolari in un percorso di profonda riflessione durante tutto l’arco scolastico sul valore della vita, di ogni vita, magari simili nefandezze potrebbero accadere meno spesso. O forse, banalmente, bisogna abbandonare ogni speranza e osservare con malinconica rassegnazione il triste sfacelo di una generazione che pare ormai perduta.

Al contempo vittima e carnefice di sé stessa, azzoppata dalla retorica e dal buonismo, incomprensibile peraltro alla luce di tanta crudeltà. Gli ex alunni della scuola agraria in cui è stato torturato l’agnello hanno scritto una lettera indirizzata al dirigente scolastico invocando una punizione esemplare; in essa ancora una volta appare la parola “rieducazione”. Ai nostri occhi disincantati rieducare coincide spesso con ignorare e, soprattutto, con dimenticare. Forse solo la fermezza nella punizione può sortire qualche effetto. La paura spesso raffredda la crudeltà.

Sempre sgomenti di fronte alla profondità della cattiveria insensata, lanciamo questo atto d’accusa, consapevoli che probabilmente finirà nel vuoto. Come la rieducazione dei colpevoli. E come le grida silenziose degli animali innocenti torturati. Beati quelli che hanno voce.

Francesco Teodori, 15 luglio 2024

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