Esteri

Il primo processo in Ucraina

Il soldato russo si dichiara “colpevole” di crimini di guerra. È giusto questo processo?

Vadim Shishimarin, 21 anni, ha ammesso le sue colpe: ha ucciso un civile disarmato. Ora rischia l’ergastolo

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Durante l’ultima puntata di Quarta Repubblica, sia Piero Sansonetti che Vittorio Sgarbi avevano guardato con un certo fastidio le immagini del soldato russo appena ventenne che viene portato di fronte al tribunale ucraino con l’accusa di crimini di guerra. Al direttore del Riformista era suonata stonata soprattutto una frase, pronunciata da quello che in teoria dovrebbe essere l’avvocato difensore (d’ufficio) del giovane militare: “Le prove a suo carico sono solide”, aveva detto il legale, scatenando i dubbi di molti sull’opportunità di processare un soldato prigioniero, spaventato dalla paura di morire e che, stando alla sua ‘confessione’, avrebbe eseguito un ordine.

I fatti sono questi. Vadim Shishimarin ha 21 anni, la faccia da ragazzino e la divisa da soldato di Putin. Durante l’invasione russa, gli ucraini lo catturano, lo interrogano e lo accusano di aver sparato ad un civile inerme che stava soltanto facendo una telefonata. I fatti risalgono al 28 febbraio, quattro giorni dopo l’avvio dell’operazione speciale putiniana. Shishimarin sostiene di aver eseguito un ordine, nato dal sospetto che quella telefonata potesse essere una soffiata sulla posizione della pattuglia moscovita. Mentre fuggivano a bordo di un auto da Shupakhivka, nell’oblast di Sumy, Vadim e 4 suoi commilitoni vedono il 62enne a bordo di una biccletta e con il telefono in mano. “Abbiamo creduto che avvisasse qualche soldato ucraino della nostra presenza”, ha raccontato Vadim. “Mi hanno dato l’ordine di sparare e non potevo rifiutarmi. Ho sparato dal finestrino con il mio kalashnikov”.

È chiaro che qui si parla di una invasione contro ogni diritto internazionale. E il fatto che un soldato straniero uccida un civile è ovviamente un crimine che va perseguito. Ma quando? Ma come? Serve un tribunale internazionale oppure lo si porta alla sbarra a guerra ancora in corso? La Convenzione di Ginevra chiede che il procedimento sia fatto “il più rapidamente possibile”. Ma prevede anche che sul prigioniero non possa essere “esercitata alcuna pressione morale o fisica” per indurlo a riconoscersi colpevole del fatto che gli è imputato. E non può essere condannato senza prima avergli permesso di essere difeso “da un difensore qualificato”. La domanda di Sansonetti era: si può considerare “qualificato” un legale che dà per “solide” le prove dell’accusa?

“Con questo primo processo, inviamo un chiaro segnale che ogni autore, ogni persona che ha ordinato o assistito alla commissione di crimini in Ucraina non portà sottrarsi alla responsabilità”, ha twittato il procuratore capo dell’Ucraina Iryna Venediktova.

La novità di oggi è che il soldato si è dichiarato colpevole di crimini di guerra e omicidio premeditato. Lo aveva già ammesso, in un video registrato precedentemente, ma certo che lo ripetesse di fronte al tribunale non era scontato. Dichiarandosi colpevole, sembra rinunciare a difendersi. Adesso rischia l’ergastolo, con la prossima udienza prevista per giovedì. La domanda che alcuni si pongono è: lo ha fatto per convinzione o per paura?