Il solito vizio della sinistra e della burocrazia

Gli scritti di Sergio Ricossa, economista e liberale vero, per leggere il presente

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Leonardo Sciascia consigliava di rileggere spesso I Promessi Sposi, cercando possibilmente, diciamo noi, di accedere ogni volta al piano di lettura superiore al precedente. In quell’opera Manzoni ha messo quasi tutto, compresi alcuni dei mali eterni della nostra Italia.

Per fortuna le cose nel nostro paese migliorano su molti fronti, mentre su altri, a dire il vero, sembrano non progredire. Scriveva nel 1973 Sergio Ricossa nel suo diario di allora:” Torino, 12-14 gennaio: Convegno internazionale per la difesa della cultura. Aderisco donchisciottescamente, e non ascoltando i consigli dei colleghi universitari, per protesta contro gli attacchi che il convegno subisce prima di cominciare. Gli organizzatori non sono di sinistra, quindi sono di destra, quindi sono fascisti, quindi non hanno il diritto di esprimersi” (Come si manda in rovina un paese – Rizzoli 1995).

Parafrasando Manzoni, guarda a volte dove va ad infilarsi il pregiudizio. Ma per fortuna son cose che accadevano cinquanta anni fa, oggi non succedono più. E se succedessero, tutti sarebbero pronti a difendere la causa della libertà di espressione nonché a dimettersi per affermare il principio. Scriveva ancora Ricossa: “A causa del convegno, mi dimetto da “La Stampa”, la Fondazione Agnelli, eccetera. Ci provo gusto, mi spiace di non avere altri incarichetti da cui dimettermi. Mi sento “cavaliere dell’ideale” a un prezzo relativamente modesto”. [Ibid].
Per fortuna sul fronte del linguaggio politico, burocratico e amministrativo le cose vanno molto meglio: “Nessuno ha corretto le bozze per i tre volumi con mille pagine di programmazione maccheronica della regione Piemonte (conquistata dai comunisti). Si legge che la regione “si avvelena delle sue competenze”, al posto di “avvale”. Si promette di trasformare la regione da “strumento di potere elistico (sic) in sede reale di democrazia popolare”. E affinché il popolo capisca si usa questo linguaggio: ”la fruizione infrastrutturale”, ”i livelli di infrastrutturazione delle armature insediative”, “la scelta sulla centralità del recupero delle occasioni abitative”. “l’affrontare lo spettro delle problematiche”, “il gestire il sottodimensionamento delle aree libere interstiziali (sic) nei sub-poli”, e così via “. [Ibid]

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Anche questa però è roba di cinquant’anni orsono, la situazione oggi è molto migliorata. Infatti adesso diciamo che “ i finanziamenti del PNRR vanno messi a terra al fine di agevolare quella che è una svolta rispetto alla linearità economica, favorendo un sistema di circolarità frutto di una concertazione solidale”.

Torniamo all’antico, faremo un progresso: “Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti [….] Perocché, in questo, come accade in molti altri affari, erano in vigore due consuetudini contrarie, senza che fosse deciso quale delle due fosse la buona: il che dava opportunità di fare una guerra, ogni volta che una testa dura s’abbattesse in un’altra della stessa tempra”.

Chi si ostina a scrivere e a parlare in modo “forbitamente creativo” su un fronte, e chi , sull’altro, si ostina a dire che bisognerebbe scrivere e parlare in maniera comprensibile.

Fabrizio Bonali, 29 luglio 2023

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