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Il terrore da Covid minaccia il Tour de France

Siamo alla follia: atleti allenati senza alcun sintomo (ma positivi al tampone) potrebbero essere costretti a rinunciare alla corsa

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Mancano appena una decina di giorni all’avvio del Tour de France, la corsa ciclistica a tappe più importante al mondo, e per gli organizzatori, le squadre partecipanti e gli appassionati di questo popolare sport l’attesa sarà sovrastata da una grande angoscia virale. Il timore è che possa ripetersi anche durante la Grande Boucle, causando colossali perdite economiche, ciò che è accaduto all’appena concluso Giro di Svizzera, dove la semplice positività al tampone ha costretto al ritiro ben 4 compagini al completo, più altri atleti sparsi, per un totale di una sessantina di corridori su 153 partenti, più di un terzo. Tra gli sfortunati anche il russo Alexander Vlasov, il quale al momento del ritiro forzato comandava la classifica. Dunque, laddove non erano bastate le sanzioni a fermare questo forte passista-scalatore, ci ha pensato san tampone a mandarlo a casa.

Inoltre, è quasi pleonastico segnalarlo, tutti gli atleti in oggetto sono risultati asintomatici. Ma tant’è: dal momento che lo sport mondiale sembra aver adottato la demenziale linea cinese del Covid zero, e data la grande circolazione di un virus depotenziato ma divenuto endemico da tempo, da qui in avanti le più importanti competizioni saranno sempre più condizionate da codesta insensata caccia all’untore. Condizionate in modo assolutamente autodistruttivo, così come accaduto durante le recenti Olimpiadi invernali, dove alcuni importanti atleti hanno dovuto gettare alle ortiche quattro anni di sacrifici a causa di una banale positività. Positività al tampone di soggetti asintomatici che sia l’Organizzazione mondiale della Sanità e sia il Centro europeo per la prevenzione e il controllo della malattie hanno spesso criticato, anche a causa di un abuso nel sistema di amplificazione, il cosiddetto Pcr, il quale se portato sopra i 24 cicli darebbe luogo a molti falsi positivi.

Ovviamente da noi, dove pare dominare ancora incontrastato il cosiddetto giornale unico del virus, nessun organo di stampa esprime qualche dubbio o qualche perplessità in merito a questa ennesima follia virale che sta letteralmente falcidiando gli sport più amati dal pubblico. Spulciando qua e là tra i nostri giornali su ciò che è avvenuto nella competizione sopra citata, il tono generale è abbastanza in linea con quanto titola l’Ansa, la principale agenzia di stampa italiana: “Giro di Svizzera: il Covid disegna la classifica, Vlasov fuori”.

Quindi sarebbe tutta colpa del Covid, e non della sesquipedale idiozia dei tamponi agli asintomatici, che pure nello sport mondiale, i cui atleti non fanno certo parte per età e per condizioni fisiche della componente più fragile della popolazione, sta producendo di gran lunga più danni del coronavirus.

Eppure, prima che il Sars-Cov-2, insieme alla sua pestilenziale narrazione, facesse la sua irruzione nelle nostre avanzate società, non era raro assistere alla performance di atleti di livello che, colpiti da influenza o da altre analoghe malattie, pur debilitati decidevano di scendere in campo o in pista. Atleti febbricitanti e, dunque, anche contagiosi ma sulla cui scelta a competere nessuno si sarebbe sognato di scandalizzarsi. Oggi, invece, accade il contrario: ragazzoni in buonissima salute, del tutto asintomatici ma rei di risultare positivi ad un tampone spesso impreciso, la cui eventuale mancata esclusione dalla relativa competizione, qualora per avventura venisse ragionevolmente consentita, questa si che scandalizzerebbe chi ancora pensa di avere a che fare con una malattia più letale della peste nera. La qual cosa dovrebbe farci riflettere.

Claudio Romiti, 20 giugno 2022