Incentivi, campagne promozionali, misure draconiane. L’Occidente sta provando in ogni modo a convincere i cittadini a comprare le auto elettriche in nome della religione green. Un’ideologia talebana, integralista, destinata a cozzare con la realtà. I numeri li conosciamo: il mercato è fermo, anzi le vendite di veicoli alla spina sono in calo. I numeri italiani sono disastrosi, ma anche le altre principali realtà europee non se la passano meglio. Le notizie sono ormai all’ordine del giorno, tra investimenti bloccati e strategie rivisitate per evitare di perdere altro denaro. Appena qualche settimana fa si è parlato molto dell’elevatissimo numero di auto elettriche cinesi paralizzate nei parcheggi dei principali porti del Nord Europa. Ma non è tutto, con buona pace degli ultras verdi.
Il problema non riguarda unicamente i porti, ma anche altre strutture. In Germania gli esperti del Chemnitz Automotive Institute hanno reso noto un dato a dir poco allarmante: almeno 100 mila elettriche sono abbandonate negli spazi vicini alle fabbriche e alle concessionarie. E attenzione, c’è un dettaglio che non deve passare inosservato. Questa criticità non è legata esclusivamente all’import di Bev cinesi. Gli esperti non hanno dubbi, parte della responsabilità va data ai costruttori tedeschi: il 2023 si è chiuso con un numero record di auto invendute. Il motivo? Il taglio degli incentivi da parte del governo. Una mossa che ha portato alla brusca frenata della domanda, con buona pace dei disegni ambiziosi.
I numeri segnalati da Quattroruote non lasciano grandi margini di interpretazione: per quanto concerne le esportazioni, nel 2023 la Germania ha spedito nei mercati esteri 786 mila elettriche, pari a 36 miliardi di euro. In soldoni, un’auto nuova su quattro venduta all’estero da Berlino era una Bev. Ma non si tratta di una buona notizia, soprattutto se si accendono i riflettori sulle ripercussioni di questa moda. Il porto di Bremerhaven è congestionato dalle Bev parcheggiate, mentre a Grunheide ci sono migliaia di Tesla in un ex aeroporto militare. Naturale e a dir poco comprensibile la decisione dei produttori di tagliare la capacità produttiva, complice l’impressionante numero di auto a benzina e diesel immatricolate.
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L’intasamento è spesso riconducibile all’invasione delle elettriche cinesi, ormai “proprietarie” dei principali porti europei. I moli vengono infatti utilizzati come veri e propri parcheggi di lusso, con le auto in stand-by anche per un anno, un anno e mezzo. Il mercato va a rilento e la situazione non sembra destinata a migliorare, quantomeno nel breve termine. Ma a incidere è anche la carenza di autotrasportatori, criticità che ha come principale ripercussione la dilatazione dei tempi. In assenza di un intervento deciso e perentorio, difficilmente la situazione verrà risolta, anche perchè c’è chi – per interesse o per stupidità – non sembra intenzionato a invertire il trend. E a pagare sono sempre gli stessi.
Franco Lodige, 6 giugno 2024
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