Il tracollo di Conte (e del campo largo)

In Abruzzo il M5S si ferma al 6,9%, in calo evidente rispetto a cinque anni fa. E l’alleanza con il Pd non replica il miracolo della Sardegna

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conte schlein abruzzo

Doveva essere il giorno della conferma dopo la Sardegna e invece l’Abruzzo si è trasformato in un incubo. O qualcosa di simile. Invece per Giuseppe Conte e Elly Schlein si profila una sonora sconfitta. Forse non una Caporetto, ma la conferma che la formula del “campo largo” non significa vittoria assicurata contro la compagine di centrodestra. Anzi.

Il più preoccupato di tutti si chiama Giuseppe Conte. Non solo perché il Pd, così come in Sardegna, si conferma il primo partito della possibile alleanza, il che significherebbe consegnare a Elly Schlein lo scettro della guida del centrosinistra progressista. Ma anche perché i grillini in Abruzzo hanno racimolato solo il 6,9% dei consensi con un tracollo mica da niente rispetto alle scorse regionali (19,74%) e alle elezioni politiche del 2022 (18,4%). Storicamente il voto locale non premia i Cinque Stelle, che le migliori prestazioni le hanno sempre ottenute a livello nazionale, ma il calo rispetto a cinque anni fa c’è ed è clamoroso. Il successo di Alessandra Todde aveva galvanizzato i pentastellati, essendo la loro candidata, ma a ben vedere il Movimento si era fermato al 7,8% dei voti anche nell’isola, contro il 13,8% del Pd. In Abruzzo Schlein non sfonda, certo, ma con il 20,3% fa almeno segnare una crescita rispetto alle precedenti Regionali (i dem si erano fermati all’11,9%) e anche rispetto alle Politiche, dove Enrico Letta non era andato oltre il 16,6%.

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Sia chiaro: difficilmente Elly e Giuseppi torneranno indietro. Il “campo” di centrosinistra questo è e questo rimane, ma ora il percorso si fa molto più difficile visto e considerato che in Basilicata le trattative per scegliere il candidato governatore sono in alto mare e che alle Europee ognuno corre per sé nella speranza di poter superare l’amico-nemico. Il matrimonio s’ha da fare, ma quanto sarà duraturo? E soprattutto: chi dei due guiderà la baracca? Conte, il più recalcitrante dei due ad unirsi in nozze col Pd, nel salotto di Lilli Gruber su La7 aveva ceduto alle lusinghe dem: “Governeremo col Pd – aveva detto – Da soli non siamo autosufficienti. Ambiziosi, sì, ma il 50,1% non credo che lo prenderemo”. Tradotto: l’alleanza si fa, perché “la Sardegna dimostra che il metodo che abbiamo impostato è quello giusto”. I problemi semmai sono due: primo, non è detto che allargare il “campo” ad Azione sia una scelta vincente, vedo l’Abruzzo; e poi a livello nazionale le differenze sono numerose e Giuseppi sa che su certi temi, soprattutto in politica estera, “ci si dovrà necessariamente confrontare”. Non dimentichiamo che poche settimane fa il leader del M5S definiva “bellicista” l’approccio del Pd scatenando le ire dei riformisti del Pd i quali, silenziati dalla vittoria in Sardegna, prima o poi torneranno a rumoreggiare.

Franco Lodige, 11 marzo 2024

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