Non solo per l’origine, a quanto si sa, a Camp Riley. Ma anche, sostiene Barry, perché «dal 21 gennaio al 4 giugno 1918 un vaccino sperimentale contro la meningite batterica, coltivato nei cavalli dal Rockefeller Institute for Medical Research di New York, fu iniettato nei soldati di Fort Riley». Post hoc ergo propter hoc? O è solo una coincidenza? Se sì, perché la sperimentazione venne poi accantonata? Sia come sia, a quella guerra parteciparono anche truppe coloniali, che tornate a casa portarono con sé il contagio contribuendo all’ecatombe generale. E cominciando dai più fragili e poveri (la sottoalimentazione e la mancanza di fogne e acqua corrente parteciparono alla grande).
La malattia fu indotta da quel vaccino? Visto che parliamo di Spagnola, quien sabe? E non era solo Camp Riley, visto che, scrive Barry, «quattordici dei più grandi campi di addestramento hanno riportato focolai di influenza a marzo, aprile e maggio». Già dal 1917 molti Paesi convolti nel conflitto, Italia compresa, avevano richiesto al Rockefeller Institute un vaccino contro la meningite, tanto che il centro aveva approntato una stalla speciale per i cavalli da cui trarlo. Per provarlo prima sui soldati americani? Boh. La cosa meriterebbe un’indagine. Che però porterebbe acqua al mulino dei no-vax. Perciò nisba.
Rino Cammilleri, 3 ottobre 2021