Molti ormai si chiedevano: ma che senso ha un grillismo senza Grillo? Nessuno, in effetti. Il Movimento degli ultimi anni, ancorato ad un passato ormai scomparso, era l’esatta immagine del suo leader: millantava l’aderenza alle origini del Vaffa, ma indossando la giacca, la cravatta e la pochette. Impossibile essere al tempo stesso incendiari e pompieri, Movimento ma anche partito, di lotta e di governo. Comici e avvocati. E così in una Assemblea Costituente tinta di blu, dal sapore decisamente democristiano, senza più il giallo simbolo del M5S, con ogni probabilità nascerà un partito fatto su misura per Giuseppe Conte: educato, non sboccato, leaderistico, personale. Un filino democristiano, ma convintamente progressista. In pratica una copia del Pd, sperando di non esserlo troppo.
A segnare la morte del “vecchio Movimento” non sono solo i colori scelti da Rocco Casalino, il palco circolare, i temi del dibattito che un tempo Grillo avrebbe liquidato con una battuta delle sue. La dimostrazione plastica sta tutta nella contestazione di 30 attivisti che non vogliono arrendersi alla noia, ai colori pastello e Giuseppi “punto di riferimento fortissimo per i progressisti”: anziché cacciarli a male parole, come avrebbe fatto Beppe, i rivoltosi vengono inglobati e contenuti. Nessuno scontro, solo la celebrazione di un nuovo capo che s’è ritrovato per caso leader di un Movimento che geneticamente non gli apparteneva. Anziché trovarsene un altro, più vicino alla sua indole, ha preferito portarlo piano piano verso la pattumiera per trasformarlo infine in qualcosa di nuovo. Di suo. La grande paura di due giorni fa, con quell’intervista a Repubblica che lasciava intendere un certo nervosismo per la possibile bassa affluenza ai quesiti assembleari, è già scomparsa: il quorum pare sia stato superato e oggi verranno resi noti i verdetti. Con ogni probabilità sarà un successo. La minaccia “o con me o senza di me” ha funzionato. Nome, simbolo, garante, posizionamento politico: Giuseppi eliminerà tutti i vice, uccidendo politicamente non solo Grillo ma anche chi non s’è mai arresto alla trasformazione pentastellata. Virginia Raggi, ad esempio. Ma anche Danilo Toninelli. E Chiara Appendino con ogni probabilità tornerà nei ranghi, aspettando il suo turno.
Il Movimento che verrà sarà dunque “progressista”, qualsiasi cosa voglia dire. Cercherà alleanze col Pd, un tempo così odiato. E manderà al macero la regola dell'”uno vale uno” così come quella del limite del secondo mandato. Magari cambierà nome. E anche il simbolo. Bisognerà solo capirne il posizionamento: a sinistra del Pd, ecologisti e pacifisti, senza però occupare il posto già presidiato da Fratoianni e Bonelli. Allearsi senza essere fagocitati. È possibile?
Difficile dirlo. L’unico che potrebbe dare uno slancio a questa noiosa assemblea costituente è il Garante, il Fondatore, l’Elevato. Il comico che s’inventò il Vaffa Day mobilitando milioni di persone contro tutto e contro tutti, con idee bislacche e pericolose (di sicuro per i conti pubblici) dovrebbe presentarsi sul palco e difendere con le unghie e con i denti la creazione sua e di Gianroberto Casaleggio, fermando sul nascere “la fine della pubertà” (copyright Alessandra Todde) che significherebbe la trasformazione definitiva. Dicono però che Beppe invierà un video, il che certificherebbe una volta per tutte come neppure Grillo è più quello di una volta. Il leone s’è fatto agnellino. Perché allora il M5S non dovrebbe cambiare?
Giuseppe De Lorenzo, 24 novembre 2024
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