Liberi Libri ha appena pubblicato l’ultimo libro di Eamonn Butler Il valore della disuguaglianza. Si tratta di un testo veloce e di facile lettura che anche per i non addetti ai lavori in cui Butler affronta uno dei buchi neri, meglio uno dei dogmi di ogni politica economica e sociale contemporanea; quello che prevede, con politiche disuguali e asimmetriche, di combattere le disuguaglianze che si verificano nella società.
Il pensiero corrente ha operato una straordinaria opera di persuasione collettiva: far ritenere ai più, e soprattutto ai decisori e agli «opinion maker», che combattere le disuguaglianze sia un obiettivo in sé, un fine a cui far tendere le nostre società. Il problema economico diventa così la dimensione della «fetta della torta» e non la consistenza della «torta» in sé.
Secondo l’opinione comune una distribuzione dei redditi e un’attribuzione della ricchezza il più possibile omogenea sarebbe desiderabile. I «policy maker» si concentrano così sulle sperequazioni e non sui livelli più bassi di reddito e di ricchezza. È incredibile come si sia trasformato il campo di gioco: non si guarda tanto alla desiderabilità di politiche che rendano meno poveri i quartili più deboli della società, ma si moltiplicano le iniziative che rendano meno prosperi i più ricchi. Meglio una società senza grandi differenze, che una società con disuguaglianze, ma mediamente più ricca. Si tratta di un paradosso. E d’altronde non poteva essere altrimenti. Se infatti si fosse guardato alla progressiva eliminazione della povertà avvenuta nell’ultimo secolo, non si sarebbe potuto che plaudire al successo del mercato e del modello capitalistico.
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La lotta alle disuguaglianze non è infatti una lotta contro le povertà. A queste ultime ci sta già pensando il mercato. Butler ricorda: «Nel 1950 circa due terzi della popolazione mondiale viveva con un reddito di 1,9 dollari al giorno. Nel 1980 la percentuale era circa di due quinti. Nel 1990 la percentuale era scesa a poco più di un terzo. Ora è un decimo. E ciò nonostante la popolazione mondiale è in crescita: la cifra della povertà di 1,9 dollari del 1990 rappresentava quasi 1,9 miliardi di persone. E poiché da allora la popolazione è cresciuta di un terzo, ci si potrebbe aspettare che la povertà di 1,9 dollari al giorno riguardi ormai un numero di persone di poco superiore a 2,5 miliardi. In realtà è scesa a 700 milioni, concentrate soprattutto in Africa sub sahariana».
Nicola Porro per Il Giornale 22 ottobre 2023