Nessuno di noi ha chiuso occhio. Fred è rimasto fuori, nel pozzetto, sempre pronto a intervenire al minimo segnale.
I venti cambiano senza preavviso, passando in pochi istanti da 10 a 30 nodi. La barca viene sballottata con violenza, e rimanere in cabina è impossibile, anche per chi, come me, non soffre il mal di mare. Le onde arrivano di traverso, da babordo a tribordo. Non possiamo vederle, ma le sentiamo chiaramente.
Attorno a noi, le stelle e la luna sono nascoste dalle nuvole. Non esistono più cielo e mare, solo un buio assoluto. È in momenti come questi che realizzi quanto siamo vulnerabili di fronte alla potenza della natura.
Le onde, seppur non altissime (3-4 metri), sono diventate corte e irregolari, molto diverse dall’onda lunga e regolare tipica dell’Atlantico. La pioggia arriva a intervalli, prima con forza, poi lasciandoci qualche attimo di tregua, per poi tornare ancora più violenta. Il radar meteo diventa il nostro unico alleato: le sue immagini ci guidano in uno slalom continuo, cercando di evitare le macchie rosse che annunciano forti piogge e le depressioni che si formano sotto queste nuvole cariche di instabilità e venti furiosi.
Fred mi spiega che, avvicinandoci alla terraferma, questi fenomeni diventeranno più frequenti.
Con le prime luci del giorno, riacquistiamo un po’ di visibilità.
Le nuvole sono ancora basse e minacciose, ma il vento, costante a 25 nodi, è ora più gestibile. Abbiamo ridotto la randa con due mani di terzaroli e issato il genoa: l’aliseo, deciso e potente, ci spinge con regolarità a 9 nodi.
Il mare ha cambiato colore. È grigio scuro, quasi nero. Le onde bianche sembrano piccoli picchi innevati, mentre le raffiche di vento disegnano scie di schiuma come pennellate sull’acqua.
Il mare si è acceso.
È vivo, imponente, splendido nella sua potenza. Noi lo affrontiamo con rispetto, seguendo la nostra rotta, veloci e decisi, consapevoli della sua infinita superiorità.
Tutta questa velocità e il movimento irregolare del mare non sono stati graditi dalla nostra barca. A fine giornata, l’elettronica e il pilota automatico continuano a dare problemi. Forse l’unica a soffrire davvero il mal di mare è proprio lei. Non riusciamo più a impostare il pilota automatico in modalità vento, a causa di un malfunzionamento delle sonde che rilevano la direzione e l’intensità del vento.
Fred decide che, per la notte, la scelta più sicura è ammainare le vele e procedere con i motori, non potendo contare su una lettura affidabile dell’intensità reale del vento.
La notte è scesa, avvolgendo la barca in un silenzio inquieto. Io e Lucas siamo nel pozzetto, quando all’improvviso sentiamo urlare dalla prua. Ci precipitiamo subito. “Guardate! Guardate!” ci gridano, indicando il cielo.
Davanti a noi, una visione incredibile: una striscia dorata, luminosa, attraversa il cielo, seguita da tante altre più sottili e brillanti. È una pioggia di meteoriti (o un satellite?),
proprio qui, nel cuore dell’Atlantico.
Resto immobile, senza fiato, di fronte a quello spettacolo unico. Non avevo mai visto nulla del genere.
Istintivamente prendo il telefono e provo a scattare qualche foto,
anche se nessuna immagine potrebbe mai rendere giustizia a ciò che stiamo vivendo.
È un momento surreale, magico, uno di quei regali che solo un viaggio come questo può offrire.