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Il vero motivo del sì della Lega a Draghi - Seconda parte

“Il partito di Draghi è il partito del Pil”, ha detto Matteo Salvini al termine del primo incontro col premier incaricato. E subito dopo ha sottolineato la convergenza “filosofica” con l’ex governatore della Bce, tutta alternativa all’assistenzialismo compulsivo giallorosso: “In questo momento per noi e per Draghi la priorità è il lavoro e l’esigenza che i soldi dell’Europa siano usati per lo sviluppo, non per assistenza fine a se stessa”. “Questo momento” è un momento in cui le aziende chiudono, le serrande si abbassano irrevocabilmente, i fatturati precipitano, i ristori latitano, il Nord trainante rischia per la prima volta seriamente di affogare, a causa del doppio micidiale colpo sferrato dall’emergenza pandemica e dalla gestione scelleratamente chiusurista di essa che hanno fatto i predecessori di Draghi.

Non c’era un motivo che sia uno nella storia, nell’agenda, nei ceti di riferimento di Salvini, per non partecipare al gabinetto di guerra. È in gioco la sopravvivenza stessa di un tessuto produttivo degno di tal nome, per la Lega l’ideologia non può mai, in nessun caso, avere la precedenza su di esso. Se qualcuno gioca allo sbigottimento, è perché era il suo ritratto della Lega ad essere tarocco a monte.

Giovanni Sallusti, 8 febbraio 2021

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