Il più grande ostacolo, praticamente insormontabile, che ha davanti a sé la riforma del costo standard è il modello unico della scuola di Stato che si regge sul valore legale dei titoli di studio. Questo modello è talmente forte e unico – ossia monopolistico – che le stesse scuole paritarie sono gestite da privati ma in realtà sono statali a tutti gli effetti. Per esistere e farsi “riconoscere” son dovute diventare paritarie. Insomma, hanno adottato il modello unico della scuola di Stato. Se si vuole riformare la scuola e fare in modo che l’istruzione sia davvero un’esperienza formativa e di educazione alla libertà, sia per gli studenti sia per gli insegnanti, è necessario passare dal modello unico della “scuola di Stato” al modello della “scuola libera”.
La differenza è questa: nel primo caso esiste solo la scuola di Stato, nel secondo esiste un sistema più ampio in cui lo Stato amministra solo le sue scuole. Per effettuare questo passaggio che è prima di tutto culturale è necessario abolire o svalutare il valore legale dei diplomi che è il braccio armato con cui lo Stato, per suoi interessi amministrativi che non ricorda neanche più quali siano, scende in campo e statizza l’insegnamento.
Già sento il lamento su scuola pubblica e privata. È un’osservazione sbagliata perché la scuola è pubblica per definizione e con il sistema liberale si vuole uscire proprio dal monopolio statale che per paradosso privatizza la scuola ed è del tutto incapace di garantire quella pluralità educativa che serve alla contemporaneità. Una volta abolito il valore legale del diploma si adotterebbe la soluzione del costo standard per le scuole statali e le stesse scuole non-statali potrebbero garantire la propria offerta in base al costo standard. Una rivoluzione? Sì, ma necessaria. Naturalmente, per incamminarsi su questa strada bisogna avere la capacità di pensare lo stato, la scuola, la libertà, l’Italia.
Auguri.
Giancristiano Desiderio, 5 novembre 2019