Vi mostriamo il video dell’arresto di George Floyd, ripreso dalle telecamere che indossano gli agenti e pubblicato in esclusiva dal tabloid britannico Daily Mail. L’afroamericano è morto in seguito al fermo di polizia, avvenuto lo scorso 25 maggio a Minneapolis. Quell’evento ha scatenato un’ondata di proteste in tutta l’America, cavalcate, anche in’un ovvia chiave elettoralistica, dal movimento Black lives matter. Ci sentiamo di poter aggiungere qualche considerazione a questo documento, che comunque tutti potete guardare e su cui, dunque, potete farvi autonomamente un’idea.
1. Il fattaccio è sicuramente un esempio di brutalità della polizia, ma di razzismo, a essere onesti, non si vede l’ombra. Gli agenti adottano chiaramente un comportamento poco professionale nel momento in cui Floyd, evidentemente alterato, forse fatto, di sicuro in preda a un attacco di panico, si rifiuta di salire sul sedile posteriore della volante. Sedersi sul suo collo è un atto di violenza gratuita; rispondere ai suoi gemiti, divenuti tristemente famosi (“Non respiro!”), che se sta parlando significa che in realtà respira bene, è un gesto di crudeltà (nella peggiore delle ipotesi), o di grave superficialità, che merita di non restare impunito. Ma come abbiamo documentato anche sul nostro sito, (si veda ad esempio questo articolo di Stefano Varanelli), la polizia americana non usa metodi ultraviolenti solamente con i neri. Questi ultimi hanno probabilità molto maggiori di ritrovarsi in situazioni del genere, ma hanno anche tassi di delinquenza superiori – e inoltre gli agenti corrono rischi maggiori di essere uccisi da neri che da bianchi. Il problema, in sostanza, pare essere la brutalità della polizia in sé, più che il razzismo.
2. D’altra parte, a parziale difesa delle divise, bisogna riconoscere che la polizia in America fa i conti con situazioni davvero estreme. Su Youtube è facilissimo reperire video, anch’essi ripresi dalle body cam degli agenti, in cui un apparentemente banale blocco di un’auto si trasforma in una sparatoria. Quello che vi dicono prima che partiate per un viaggio negli Usa (se ti ferma la polizia, tieni le mani sul volante o ti sparano) è vero, perché molto spesso, se un fermato si mette a cercare qualcosa nel cruscotto, ciò che vuole tirare fuori non è il libretto di circolazione.
I poliziotti, dunque, sono tutti estremamente reattivi: si può capire che, avendo di fronte un uomo della stazza di Floyd, in evidente stato di alterazione, si siano preoccupati di immobilizzarlo. Ciò non toglie che abbiano collezionato una serie di gravi errori né che si siano accaniti gratuitamente: dovevano capire che l’afroamericano, non armato, non era pericoloso, bensì solo terrorizzato. Ma è comprensibile che gli agenti americani, quando sono su strada, temano di essere ammazzati.
Si potrebbe pensare che il problema sia la facile circolazione delle armi: in realtà, chi delinque e ne detiene una, quasi sempre lo fa illegalmente. Si deve constatare che c’è una sorta di violenza intrinseca alla società americana che, probabilmente, ha cause molto più profonde del “suprematismo” bianco. Ma non è questa la sede per indagarle.