Non ci voleva poi un genio per capirlo, e neanche un giornalista di Repubblica. La richiesta di Meloni agli elettori di indicare alle Europee la preferenza scrivendo solo il nome proprio (Giorgia) è pienamente legittima. Non solo lo prevede la legge, al netto di possibili ricorsi che in Italia sono possibili anche all’anagrafe quando si registra il figlio al primo vagito. Ma lo specificano anche le regole inviate dal Viminale ai presidenti di seggio.
Lo fanno sapere fonti del Ministero dell’Interno. Scrivere “Giorgia” in luogo del nome completo o solo Meloni non invaliderà il voto come ipotizzavano i giuristi cui ha dato la caccia Repubblica pur di inventarsi qualcosa. Nel manuale, infatti, tra i casi di voto valido viene indicato anche quello che vede la preferenza al candidato assegnata “utilizzando espressioni identificative quali diminutivi o soprannomi, comunicate in precedenza agli elettori, in quanto modalità di espressione della preferenza che può essere usata da qualunque elettore”.
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Sia la legge che il manuale prevedono infatti che l’importante è che “si possa desumere la volontà effettiva dell’elettore”. E dopo la richiesta di Meloni, se al fianco del logo di FdI apparirà migliaia di volte il nome proprio del premier, soprattutto se nelle liste sarà indicata come Giorgia Meloni detta Giorgia, sarà impossibile confonderla con qualcun altro.
In fondo da tempo i cartelli elettorali di FdI utilizzano proprio il nome “Giorgia” ben visibile, più del cognome, e uno degli ultimi libri del premier si intitola proprio “Io sono Giorgia“. Come quel famoso tormentone diventato il suo più utile brand.
Articolo in aggiornamento
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