Il Centro studi di Confindustria ha diffuso l’analisi sul costo che il Covid imporrà alla nostra economia nel primo semestre con un crollo del Pil del 10 per cento. “Un meteorite ha colpito l’economia italiana” è l’immagine con cui gli industriali illustrano la collisione del virus-asteroide sulla ricchezza nazionale causando un cratere di perdite pari a 86 miliardi di euro, inglobando nella calamità economica i consumi, gli investimenti e l’export.
Tale quadro deprimente per il Centro studi della Confederazione guidata da Vincenzo Boccia sarebbe l’effetto di un differimento delle misure restrittive per le aziende. Il messaggio che gli industriali affidano al governo è quello di iniziare a pensare, senza improvvisazioni, ad un processo di graduale disigillazione del Paese per evitare che i pronostici di dispersione economica si realizzino con effetti recessivi, scatenando una reazione a catena traumatica sull’occupazione.
Boccia richiama l’Europa ad esercitare quelle azioni straordinarie, obbligate a pronunciarsi dalla sfida corrente, senza le quali si rischia di pregiudicare il nostro modello economico e sociale. L’Unione europea si sta sgretolando per l’egoismo teutonico che in questa fase di eccezionalità vorrebbe applicare meccanismi di prestito esosi (Mes) che equivalgono ad annodare una fune al collo dei paesi che vi accedono. La versione usuraia dell’Europa non è compatibile con i principi di solidarietà, su cui il progetto europeo si principiò, e se la loro citazione ha un mero valore scenografico per la recitazione di un europeismo enfatico se ne deduce l’idea mistificante del concetto di Europa.
Abbiamo a presiedere la Commissione europea Ursula von der Leyen, emanazione di Angela Merkel, che dovrebbe rappresentare tutta l’Unione e non solo il Paese che sta disgregando l’edificio comune, imponendo la sua visione parziale e antisolidale. Se i dispositivi finanziari a cui potremmo accedere, per salvare l’intelaiatura produttiva e l’occupazione dallo shock esogeno, venissero negati le ragioni del condominio europeo decadrebbero. L’Italia ha bisogno di ripensare profondamente al proprio ordinamento perché la crisi che si prospetta non va analizzata in termini statici o fotografici, ma utilizzando un criterio dinamico o cinematografico per individuare le tare ereditate da un lungo processo.
Abbiamo servizi pubblici (sanità, giustizia, trasporti, etc.) foraggiati dalla fiscalità generale, ma alla sottrazione di reddito tramite le imposte non è corrisposta la qualità dei servizi degni di un paese civile. Il servizio sanitario soffre dei tagli dei posti letto tant’è che in conseguenza delle politiche di razionalizzazione della spesa dettate da Bruxelles ne sono stati soppressi 40mila, la giustizia è ingolfata da una legislazione complessa che produce incertezza interpretativa negli operatori delle leggi e i trasporti non sono un esempio di efficienza e i casi romani dei bus che vanno in combustione per senescenza sono esemplificativi del degrado.