Se fai parte del sistema dei media americano e decidi di non sostenere la candidatura alla Casa Bianca di Kamala Harris sei matematicamente un sovversivo, sostenitore di un omofobo, razzista, fascista e così via. Questi sono solo alcuni degli insulti rivolti in rete a Jeff Bezos, patron di Amazon ma anche proprietario del Washington Post, che ieri, tramite l’amministratore delegato William Lewis, ha annunciato che non poggerà alcun candidato alle presidenza in queste elezioni. “Stiamo tornando alle nostre origini”, ha aggiunto Lewis, ricordando che in passato il giornale aveva deciso di non sostenere né i candidati democratici, né quelli repubblicani.
Perché il dito è stato immediatamente puntato contro Bezos? Semplice: lo stesso Washington Post ha confermato in un post che è stato il proprietario a prendere personalmente la decisione di cancellare l’endorsement che l’editorial board del quotidiano stava per annunciare a favore della candidatura di Kamala Harris alla Casa Bianca. Come confermato da due fonti, il Post ha riferito che il suo comitato editoriale aveva già redatto un endorsement per Harris che avrebbe dovuto essere pubblicato prima delle elezioni: La decisione di non pubblicare è stata presa dal proprietario del Post, il fondatore di Amazon Jeff Bezos, secondo le stesse fonti”.
Scelta saggia? Preoccupazione per eventuali ritorsioni in caso di vittoria di Trump? Tatticismo considerati i sondaggi che sorridono all’imprenditore? Bezos non si sbilancerà mai. Ciò che è certo è che tra l’ex presidente e mister Amazon ci sono state tensioni in passato. Nel 2019 Amazon ha intentato una causa sostenendo che le era stato negato un contratto di difesa statunitense da 10 miliardi di dollari a causa di “pressioni crescenti e palesi” da parte dell’allora presidente. Il dipartimento della difesa ha successivamente assegnato il cosiddetto contratto Jedi a un’offerta concorrente di Microsoft.
Ovviamente la scelta di Bezos ha scatenato l’odio rosso in rete. Molti elettori democratici hanno cancellato l’abbonamento al giornale, mentre altri hanno vomitato insulti nei confronti dell’imprenditore. Ma non solo. Oggi il sito del Washington Post ha pubblicato un editoriale dal titolo emblematico: “La scelta sbagliata nel momento peggiore”. Fan di Kamala delusissimi, insomma. E ancora Robert Kagan, una delle firme più illustri del quotidiano, ha annunciato le sue dimissioni.
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Anche l’analista politico – nonché concorrente a “Ballando con le stelle” – Alan Friedman ha attaccato frontalmente Bezos con epiteti pesanti: “Mi dispiace a dirlo, ma temo che potrebbe farcela davvero Trump. E il fatto che Jeff Bezos si è inchinato davanti a Trump rende il padrone di Amazon quasi peggio di Elon Musk. Mentre Musk é di estrema destra, Bezos è soltanto un codardo patetico. Democracy dies in the dark”. Difficilmente Bezos verrà mai a conoscenza di questo j’accuse, ma riassume alla perfezione il tono del dibattito negli ambienti dei compagni.
Bezos può tirare un sospiro di sollievo. Non sarà infatti l’unico bersaglio degli insulti dei sostenitori di Kamala. Oltre al Washington Post, anche il Los Angeles Times ha deciso di non pubblicare un endorsement nei confronti della Harris. Anche in questo caso non sono mancate le ripercussioni: Robert Greene, un premio Pulitzer, e la collega Karin Klein hanno annunciato oggi le dimissioni, all’indomani dell’addio al giornale di Mariel Garza, la capo della pagina degli editoriali che già aveva steso la bozza in appoggio della Harris bloccata dal proprietario Patrick Soon-Shiong. Così Greeene: “Capisco che è la decisione del proprietario. Ma in questo caso è particolarmente doloroso perché uno dei candidati, Donald Trump, ha dimostrato la sua ostilità ai principi chiave del giornalismo: il rispetto per la verità e per la democrazia”.
Franco Lodige, 26 ottobre 2024
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